MEDIO ORIENTE A rischio di frammento

Le tensioni e in conflitti sotto gli occhi spesso indifferenti delle comunità internazionale

Sulla situazione in Medio Oriente esprime forti preoccupazioni mons. Giacinto Boulos Marcuzzo vicario patriarcale per Israele del Patriarcato latino di Gerusalemme. Guardando alla Terra Santa coinvolta in un intreccio di tensioni e violenza a maggior motivo sono da sostenere e incentivare i pellegrinaggi in Terra Santa. “C’è stata una crescita di pellegrini – dice mons. Marcuzzo – ma non siamo ai livelli di due o tre anni fa. La crisi economica e finanziaria, che ha colpito a livello globale e l’Europa in particolare, sta pesando negativamente sul numero dei pellegrinaggi. In questi ultimi tempi, tuttavia, stanno riprendendo dopo una fase di calo dovuto al conflitto a Gaza e adesso in queste feste natalizie stiamo assistendo ad un flusso notevole di pellegrini, e tra loro moltissimi sono italiani”. “Ciò che ci ha fatto molto piacere – dichiara ai cronisti di Sir e Radio Vaticana giunti a Nazaret al seguito del pellegrinaggio militare guidato dall’arcivescovo ordinario militare per l’Italia, mons. Vincenzo Pelvi – è stato vedere come i pellegrini abbiano capito che non bisogna avere subito paura quando si sentono cattive notizie arrivare dal Medio Oriente. Sanno operare distinzione tra le zone della regione e i luoghi santi. Da parte nostra continuiamo a dire ai pellegrini di venire in Terra Santa, di non avere paura. Se ci fosse qualche motivo di preoccupazione saremmo i primi a dirlo per senso di responsabilità”.

Resta un fatto, Eccellenza, che il processo di pace ristagna e non favorisce la normalizzazione della situazione che resta grave e molto preoccupante…
“Come Chiesa e comunità cristiana siamo assolutamente a favore del processo di pace, quello basato sul dialogo e sugli accordi. Tutto questo passa attraverso un profondo lavoro di educazione e di formazione delle coscienze. Non siamo per la pace imposta dall’alto magari in forza di ragionamenti economici. La tregua che si vive periodicamente non è vera pace e non offre garanzie per il futuro. Bisogna, dunque, arrivare a riprendere il processo di pace che non può venire se le due parti, israeliani e palestinesi vengono lasciati soli. Devono essere aiutati e potrebbero essere le Nazioni Unite, gli Usa, un mediatore che possa esercitare influenza sulle due parti coinvolte che sono talmente ineguali che non possono mettersi d’accordo. Da decenni non facciamo altro che passare da una speranza all’altra, da una delusione all’altra e ciò porta alla disperazione”.

L’emigrazione cristiana, collegata alla situazione sul terreno, è un fenomeno in crescita oppure l’intenso lavoro delle Chiese per fermare l’emorragia sta dando qualche risultato?
“L’esodo di cristiani da Israele si è ridotto, non possiamo dire lo stesso della Palestina e della Giordania. Finché non ci saranno pace e stabilità questo fenomeno continuerà a colpire tutta la popolazione ed in particolare modo quella più esposta, la minoranza cristiana. Come Chiesa lavoriamo moltissimo per favorire la permanenza dei cristiani locali. Non vogliamo che la Terra Santa si svuoti dei cristiani divenendo un museo a cielo aperto. Essa deve restare la terra di Gesù”.

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