Men il pope del sorriso | Cultura | www.avvenire.it

«Fu una saggia decisione di Dio non farci conoscere l’ora della nostra morte. Non c’è molto tempo da vivere». Per padre Aleksandr Men, il sacerdote ortodosso ucciso il 9 settembre 1990 nei dintorni di casa sua, a Novaja Derevnja, sobborgo di Mosca, vale quel che la scrittrice Flannery O’Connor considerava la differenza tra una persona di spessore e di una mediocre caratura: «Quanto mondo sta nei tuoi occhi». Perché ancor oggi giganteggia questo prete-teologo, protagonista della resistenza spirituale cristiana all’ateismo sovietico, capace di concepire un Dizionario biblico-teologico scritto per lo più in treno, «il luogo in cui ho vissuto metà della mia vita», spinto ad attraversare la Russia in rotaia per l’impeto di un insaziabile desiderio di testimoniare quel Cristo raggiunto con la fede e conosciuto con una ragione vivida.

A 32 anni dall’omicidio di una delle personalità ortodosse del recente passato più conosciute in Occidente resta buio fitto sulla sua sorte. Nel corso degli anni ben 15 persone si sono autoaccusate, ma gli inquirenti le hanno sempre riconosciute non coinvolte nel fatto criminoso. «Nazionalisti avversari della Chiesa, ex agenti del Kgb, alcolisti»: l’agenzia russa Ria Novosti riassume ancor oggi in queste categorie gli indiziati per l’omicidio di padre Men. Il figlio Mikhail (in quanto pope ortodosso Men era sposato) nel 2010 sottolineò: «Sono passati troppi anni e alcuni dei testimoni sono anche morti, non ci sono molte speranze che il caso venga risolto».

Per rendersi conto della grandezza di padre Men è utile visionare il breve, illuminante e denso documentario che la casa di produzione Domus Patri di Milano dedica a questo genio del cristianesimo del Novecento. Un sussidio che ora arriva, per la prima volta, in lingua italiana: Padre Aleksandr Men. Alla sequela di Cristo (www.domuspatri.net, per info tel. 02/36695847). Dura una mezz’oretta, impreziosito da diversi spezzoni di omelie, interventi, interviste di questo «testimone di Cristo, prima ancora in vita che in morte», come argomenta uno dei suoi “discepoli”, interpellato sull’eredità di quel parroco ortodosso. Il quale nascondeva nella stalla, dentro il carbone, i libri proibiti del premio Nobel Aleksandr Solzenicyn, in modo da non farli scovare dal Kgb, impensierito dalle folle che stipavano la chiesa rurale di Novaja Derevnja (un’ora di auto da Mosca) per ascoltare padre Aleksandr. Autore di testi molto letti ancor oggi in Occidente: basti pensare a Gesù, maestro di Nazareth. La storia che sfida il tempo (Città Nuova).

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