Missionario in Pakistan: unità e formazione dei cristiani, per il futuro del Paese

di Jibran Khan

AsiaNews ha intervistato p. Robert McCulloch, sacerdote di origini australiane per 34 anni in Pakistan. Egli ha ricevuto un ambito premio dal presidente Zardari, per il lavoro svolto. Il religioso sostiene che le minoranze sono “discriminate, non perseguitate” e sottolinea l’importanza dell’educazione per lo sviluppo sociale. Da poche settimane è a Roma, ma torna spesso nel Paese di missione.

Islamabad (AsiaNews) – I cristiani in Pakistan “sono discriminati, non perseguitati”, per questo è necessario che “restino uniti” e mantengano viva la speranza che “è dentro di noi” per un futuro migliore del Paese. E per l’avvenire della Chiesa cattolica, la sensazione è di “grande fiducia” perché “le nuove generazioni desiderano lavorare” per promuovere una vera “dignità della vita umana” come insegnato nel Vangelo. È quanto afferma ad AsiaNews p. Robert McCulloch, sacerdote di origine australiana (è nato nei dintorni di Victoria, nel 1946), per 34 anni missionario dell’Ordine Colombaniano nella nazione asiatica, dove è arrivato nel 1978 e da poco trasferito a Roma per ricoprire un nuovo incarico. Egli ha mantenuto i legami con il Paese dove ha vissuto per quasi quarant’anni e spesso ritorna in Pakistan per seguire le numerose iniziative – scuole, ospedali, centri – avviati negli anni. Di recente p. Robert ha ricevuto dalle mani del presidente pakistano Asif Ali Zardari, nella capitale Islamabad, un premio governativo – il Sitara-i-Quaid-i-Azam – per la sua opera a favore dello sviluppo della nazione (nella foto, il sacerdote con Zardari e Paul Bhatti).

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