di Danilo Quinto
Nell’ultimo rapporto sulla libertà religiosa dell’Associazione Evangelica “Porte Aperte”, il Sudan (Nord Sudan, prima dell’indipendenza del Sudan del Sud avvenuta nel luglio del 2011) è salito dalla 35ma alla 16ma posizione.
Questo risultato dipende principalmente dal più alto numero di incidenti che hanno coinvolto cristiani e chiese. La religione è uno dei fattori, ma mescolata a questioni di lealtà politica e di controllo delle risorse. Conteggiamo queste vittime – avverte “Porte Aperte” – in relazione alla persecuzione dei cristiani perché la loro fede li evidenzia come potenziali obiettivi, mentre la loro vulnerabilità è alta in un contesto in cui governo e società limitano gravemente la libertà religiosa.
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