Nessuno tocchi la Cina: un liceo si piega e annulla l’incontro. L’intervista | Laogai

Marco Guerra, Intelligonews, 08.05.2014

 

L’intervento di Vladimir Luxuria al Liceo Muratori sul tema della transessualità si è tenuto. L’incontro della Laogai Research Foundation, previsto per il 12 Maggio al liceo Tassoni, per parlare della violazione dei diritti umani in Cina con annessa proiezione del film documentario “Free China, il coraggio di credere”, è stato invece annullato senza troppe spiegazioni per volontà dello stesso Istituto.

 

I due episodi avvengono nel giro di poche settimane nella stessa città: la tollerante (a corrente alternata), prosperosa e rossa Modena. In realtà non è la prima volta che la Onlus italiana Laogai Research Foundation – la cui azione è stata determinante per l’approvazione nel 2007 di tre risoluzioni di condanna del sistema carcerario cinese da parte del Parlamento Italiano – incontra contestazioni e problemi nella sua attività di divulgazione.

 

Nella fattispecie del liceo modenese, fonti che intendono restare anonime, riferiscono che la scuola ha ricevuto forti pressioni esterne. Di che natura siano questi condizionamenti non è stato spiegato, certo è che i legami economici con Pechino sono ramificati al punto tale da motivare l’attenzione di diversi soggetti del tessuto sociale italiano, politici ed economici in primis. Per fare luce sulla vicenda, IntelligoNews ha sentito Gianni-Taeshin Da Valle, Direttore della Laogai Research Foundation.

 

 

Direttore perché è stato annullato l’incontro al liceo Tassoni di Modena?

 

Non ci è stata data una spiegazione chiara. L’evento era stato organizzato da circa  due mesi e solo una settimana prima che si svolgesse mi hanno comunicato il suo annullamento. È già la seconda volta che succede. Io credo che anche in questo caso hanno prevalso gli interessi politici ed economici più che la sofferenza umana che non ha colore o appartenenza di alcun tipo. Ormai stiamo assistendo ad una degenerazione della moralità: sotto ai nostri occhi, in Italia, abbiamo l’esempio delle fabbriche lager di Prato. Il sistema dei laogai italiani che producono merci pericolose e contraffatte a scapito della sofferenza di intere popolazioni, ma questo non scandalizza più nessuno. La Cina si appresta a diventare la prima potenza economica del mondo e ci sono troppi interessi in campo che non ci consentono di parlare liberamente“.

 

In particolare che cosa si vuole celare all’opinione pubblica?

 

“Tutto, ovvero come funziona il sistema del più grande regime totalitario della Storia. Ogni anno in Cina ci sono circa 500 rivolte popolari represse nel sangue, tra le 5000 e le 8000 esecuzioni capitali, tra i 3 e i 5 milioni di persone trattenute nei laogai –  i campi di rieducazione e lavoro della Repubblica Popolare – migliaia di aborti forzati per la politica del figlio unico, la requisizione a scopo industriale di grandi porzioni di territorio ai contadini…la lista delle violazioni è lunghissima ma quasi sconosciuta alla maggior parte delle persone di questo mondo. Il controllo della censura arriva anche fuori dai confini cinesi, mentre all’interno c’è un vero e proprio servizio di lavaggio del cervello nei centri di detenzione per i dissidenti. Le persone devono diventare tutte sostenitori del Partito comunista cinese, unica fede e religione di Stato”.

 

Ma allora come fanno ad arrivare queste informazioni?

 

“Sono tante le testimonianze raccolte da realtà come la nostra. Basta leggere il  rapporto 2013 di Amnesty International sulla violazione dei diritti umani. Alcuni casi più noti riescono a fare breccia nell’opinione pubblica come quello di Liu Xiaobo, il premio Nobel per la pace incarcerato per aver redatto ‘Carta 08’, documento che chiede la democrazia e il rispetto dei diritti umani in Cina. C’è anche un’ampia bibliografia, recentemente è uscito il racconto di un monaco che ha passato 33 anni della sua vita in un Laogai”.

 

Precisamente cosa sono questi Laogai?

 

“Sono dei Lagar per la rieducazione tramite il lavoro. In pratica si sfruttano dei condannati per vari reati, che possono essere anche dei dissidenti, facendoli lavorare anche 16 al giorno in condizioni inumane. Al duro lavoro viene associata una rieducazione civica e politica. Poi ci sono le fabbriche lager, non a caso gli imprenditori stranieri che aprono attività in Cina sono costretti a firmare una liberatoria con cui si impegnano a non interessarsi delle questioni interne del Paese”.

 

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