Nigeria, dove la fede vive oltre la paura

La potente esplosione e lo spostamento d’aria non sono riusciti ad abbatterla, com’è stato invece per le case attorno. Soltanto vetri in frantumi e banchi divelti, nella chiesa cattolica di Santa Teresa. Anche la statua del Cristo è rimasta in piedi.

Lo sguardo del Redentore è rivolto più in là, le braccia spalancate nel gesto dell’accoglienza. Braccia rivolte alla distesa umana del ghetto di Madalla, diocesi di Minna. Una vita di miseria e stracci, polvere e lamiere rugginose, a un’ora d’auto dalla capitale federale Abuja. Lei, la metropoli, non finisce di specchiarsi nei guadagni del petrolio, che la fanno crescere a dismisura. Lei, che si guarda bene dall’interessarsi ai problemi dei formicai umani malati e disordinati come Madalla, dove le baracche si mangiano la collina e la povertà segna il destino delle persone.

Il ricordo dell’attacco del giorno di Natale è vivido. Una vampata di fuoco e schegge assassine su un momento di festa, come solo le celebrazioni religiose africane sanno regalare, con i loro arcobaleni di musica e danze e sorrisi. La morte ha fatto irruzione proprio quando la preghiera stava per cominciare e la folla gremiva la chiesa. In molti, allora, finirono inginocchiati proprio sotto l’abbraccio del Cristo di gesso bianco.

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