Nigeria, i cristiani in fuga da Boko Haram – Vatican Insider

I vescovi: “Gli sfollati vivono in condizioni disumane, nelle grotte, sulle montagne e nella foresta”. I fondamentalisti islamici saccheggiano i villaggi popolati in maggioranza dai cristiani. Sabato si temono nuovi attentati

Davide Demichelis
Roma

 

 

“Hanno attaccato il mio villaggio, Bazza, hanno saccheggiato e distrutto tutto. Hanno ucciso molta gente, fra cui anche mio zio e mio cugino. Non abbiamo notizia di molti nostri parenti, forse si sono rifugiati sulle montagne. Mia mamma per fortuna è scappata il giorno prima dell’attacco ed è riuscita a raggiungermi, in città”. E’ sconvolto monsignor Stephen Dami Mamza, vescovo di Yola, nord della Nigeria, vicino al confine con Camerun e Ciad, epicentro degli attacchi dei fondamentalisti islamici di Boko Haram. Anche sua mamma, 70 anni, non aveva mai visto nulla di simile.

 

 

In città, a Yola, ne sono arrivati 30mila, come lei: sfollati, fuggiti dai trenta villaggi della zona presi di mira dai fondamentalisti. Monsignor Stephen passa le giornate correndo fra un’emergenza e l’altra: “Stiamo cercando di aiutarli come possiamo: solo nella cattedrale ne ospitiamo tremila. Abbiamo dato fondo a tutte le nostre riserve di cibo, vestiti e medicinali”. Le dieci parrocchie di Yola sono state occupate dai fuggiaschi, in gran parte cristiani. Sono i più fortunati. Arrivano notizie drammatiche, dai villaggi, anche di morti per fame.

 

 

“Gli sfollati vivono in condizioni disumane, nelle grotte, sulle montagne e in foresta. Molti sono diventati schiavi o prigionieri del gruppo terroristici Boko Haram e dei Pastori armati Fulani”. La Conferenza dei vescovi della Nigeria ha richiamato per l’ennesima volta l’attenzione del Paese sulle emergenze nazionali, con un documento diffuso il 19 settembre. Monsignor Stephen Dami Mamza ha dovuto abbandonare quella riunione per tornare nella sua diocesi e prendersi cura delle migliaia di persone che avevano cercato rifugio nella cattedrale.

 

 

“Il problema riguarda la vita e la sicurezza di ognuno di noi che desidera vivere insieme in pace” segnalano i vescovi, e richiamano il governo al dovere di “proteggere la vita di ogni nigeriano, qualsiasi sia la sua tribù, religione, classe sociale o tradizione”.

 

 

Pochi giorni fa è stata liberata una delle duecento ragazze rapite sei mesi fa a Chibok, un piccolo villaggio. Ha subito violenza. E’ incinta, al quarto mese. “Forse l’hanno liberata solo perché hanno abbassato un po’ la guardia dopo l’uccisione di uno dei loro leader” segnala il vescovo di Yola. L’esercito ha colpito Abubakar Shekau, comparso in vari filmati diffusi da Boko Haram, anche con quelle ragazze.

 

 

Ora si temono nuovi attacchi, sabato 4 ottobre, in occasione della festa islamica di Sallah. E’ monsignor Oliver Dashe Doeme, vescovo di Maiduguri, che segnala il rischio: “Boko Haram spesso attacca in occasione delle ricorrenze più importanti. Noi, comunque, non cambiamo le nostre abitudini”. Domenica scorsa le chiese erano affollate, come sempre, sia a Yola che a Maiduguri.

 

Entrambe le città sono nelle zone più colpite dai terroristi, ma i vescovi e i fedeli non se ne sono andati, almeno dalla città: “Dobbiamo essere uniti, contro il diavolo e il terrorismo”

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