Nigeria, studentesse vendute come schiave – La Nuova Bussola Quotidiana

di Anna Bono

Le studentesse, oltre 200, rapite da Boko Haram in un collegio di Chibok, in Nigeria, nella notte tra il 14 e il 15 aprile saranno vendute, come mogli o come schiave. La notizia circolava da giorni. Per primo a parlarne il 29 aprile era stato un capo tradizionale di Chibok, Pogo Bitrus, secondo cui almeno una parte delle ragazze, tutte di età compresa tra i 16 e i 18 anni, erano già state portate nei vicini Camerun e Ciad e lì date in mogli a dei combattenti islamici al prezzo di 12 dollari.

La conferma è arrivata il 5 maggio con un filmato in cui un leader del movimento islamista, Abubakar Shekau, oltre a rivendicare per la prima volta il sequestro delle studentesse, ha annunciato appunto l’intenzione di venderle. “Dio mi ha incaricato di venderle. Sono di sua proprietà e io seguirò le sue istruzioni” ha dichiarato nel video il leader islamista dopo aver spiegato che le giovani donne avrebbero già dovuto essere sposate e non frequentare una scuola.

Combattere l’istruzione scolastica, occidentale, è uno degli obiettivi degli integralisti islamici nigeriani che si battono per imporre la legge coranica nel paese. Boko Haram significa “l’educazione occidentale è proibita”. Più volte hanno attaccato e distrutto delle scuole nel nord islamico uccidendo numerosi insegnanti e studenti. A maggior ragione devono ritenere “haram”, proibito, istruire le donne che la tradizione africana destina quanto prima alla procreazione e al lavoro al servizio del marito e della famiglia a cui appartengono di diritto dal momento in cui i loro genitori ne decidono le nozze e  stipulano il contratto matrimoniale: e per tutta la vita nel caso facciano parte di una delle molte etnie che tra le loro istituzioni comprendono il “prezzo della sposa”, vale a dire il denaro e beni che il marito deve consegnare ai genitori della futura moglie per divenirne proprietario. Per le studentesse sequestrate a Chibok Boko Haram a quanto pare si accontenta di un prezzo della sposa irrisorio – solo 12 dollari – quando il fatto di aver studiato e conseguito un diploma frutterebbe alle loro famiglie un compenso ben più elevato.

Se davvero sono state portate oltre confine, maritate a dei terroristi o vendute come schiave, un destino terribile attende le giovani nigeriane: alla mercé di terroristi spietati, colpevoli di crimini contro l’umanità. Quand’anche venissero liberate, il loro ritorno in famiglia e a una vita normale sarebbe a dir poco problematico in un contesto sociale che punisce la perdita della verginità persino in caso di stupro.
Peraltro che vengano ritrovate ormai sono in pochi a crederlo. Le forze di sicurezza nigeriane sostengono di impegnarsi senza sosta per avere informazioni sulla loro sorte e il presidente Goodluck Jonathan durante una conferenza stampa ha assicurato la popolazione che il governo sta facendo tutto il possibile per salvarle. Ma il capo tradizionale Pagu Bitrus ha dato voce ai dubbi di molti nigeriani quando ha replicato che quelle del presidente sono solo parole e che governo e forze dell’ordine non faranno ora quello che non è stato fatto nelle tre settimane trascorse da quando le studentesse sono state rapite.

Il 30 aprile migliaia di persone hanno partecipato a una manifestazione organizzata nella capitale Abuja per chiedere al governo più impegno. “Un milione di donne in marcia” è il nome dato all’iniziativa durante la quale, però, ad accrescere la frustrazione e lo sdegno popolare ha contribuito l’arresto di Naomi Mutah, una rappresentante della comunità di Chibok, avvenuto per ordine niente meno che della moglie del presidente, Patience Jonathan. Pare che la First Lady, avendo promosso la manifestazione, si sia offesa perché che le madri delle studentesse hanno mandato Naomi Mutah a rappresentarle ad Abuja invece di recarvisi di persona. Naomi Mutah è stata poi rilasciata, anche perché la costituzione nigeriana non prevede che la moglie del presidente possa ordinare degli arresti. L’incidente tuttavia ha molto comprensibilmente peggiorato il clima di sfiducia nei confronti del potere.

Una notizia dell’ultima ora da ragione ai più scettici. Boko Haram all’alba del 6 maggio ha attaccato il villaggio di Warabe, nello stato settentrionale del Borno, e ha rapito altre otto ragazze di età tra i 12 e i 15 anni. Il commando ha sottratto anche del bestiame e delle riserve di cibo.

Inoltre la Christian Association of Nigeria, che ha pubblicato da poco un elenco delle studentesse rapite a Chibok, sostiene che 165 di esse sono cristiane. È certo che se non verranno liberate al più presto saranno costrette a convertirsi all’islam come è già successo ad altre loro coetanee sequestrate dai terroristi nei mesi scorsi.

Una notizia dell’’ultima ora dà ragione ai più scettici. Boko Haram all’’alba del 6 maggio ha attaccato il villaggio di Warabe, nello stato settentrionale del Borno, e ha rapito altre otto ragazze di età tra i 12 e i 15 anni. Il commando ha sottratto anche del bestiame e delle riserve di cibo.

Inoltre la Christian Association of Nigeria, che ha pubblicato da poco un elenco delle studentesse rapite a Chibok, sostiene che 165 di esse sono cristiane. È certo che se non verranno liberate al più presto saranno costrette a convertirsi all’’islam come è già successo ad altre loro coetanee sequestrate dai terroristi nei mesi scorsi.

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