“Non c’è più religione…” – Prolife News

E dove prevale l’ateismo, l’uomo si sente padrone della vita e della morte e si autodistrugge: l’esempio della Russia comunista

Il diffondersi della cultura abortista, si voglia o meno, è profondamente legato alla perdita del senso religioso. L’uomo religioso è essenzialmente colui che coglie il fatto che la realtà non è nostra, ma donata. Si tratta di un atteggiamento non fideistico, ma realistico. Lo stesso da cui è nata ogni tradizione artistica, letteraria, persino scientifica. In epoca di ateismo assoluto, invece, l’uomo si ritiene padrone della realtà, senza vincolo alcuno verso Dio, e quindi neppure verso una legge morale che lo preceda e lo superi. “Senza Dio, scriveva Dostojevskij, tutto è permesso”. Lo vediamo molto bene oggi: tutto è permesso, e, nello stesso tempo, ogni cosa perde valore, importanza, consistenza. La vita, la famiglia, l’onore, l’onestà… Esempio evidente di quanto detto, è la storia dell’aborto nell’Unione sovietica atea e comunista. Agli inizi della rivoluzione, il 18 novembre 1920, l’Urss dei gulag è il primo paese a legalizzare l’aborto e Lenin presenta tale iniziativa con la solita, utopica, dogmaticità. L’aborto legale, sostiene, sarà una misura transitoria, in quanto sparirà con l’incentivo all’uso di anticoncezionali, con la diffusione capillare di asili, scuole, mense di stato, sostitutivi della famiglia tradizionale, troppo meschina e circoscritta, e con l’accesso delle masse ad un livello superiore di moralità comunista. Ma le cose non vanno propriamente così. Il ricorso all’aborto, infatti, diviene massiccio: la povertà, la disgregazione familiare permessa dalla banalizzazione del divorzio, che spesso porta le donne ad affrontare da sole il peso dei figli, le idee sul libero amore, la deresponsabilizzazione dei genitori, a cui veniva ripetuto che ogni nuova creatura è, anzitutto, della collettività e non loro, determinano una vera e propria ecatombe e un drammatico vuoto demografico. Nel 1928, vi erano 1,5 volte più aborti che nascite, mentre a Mosca nel 1934 si contano 3 aborti ogni nascita, con un calo costante del tasso di natalità in tutto il paese. L’aborto diviene un metodo anticoncezionale cui ricorrere con assoluta facilità, dovunque. Nascono persino ricerche russe sui feti, non solo su quelli abortiti spontaneamente, ma anche inducendo gravidanze al solo scopo di interromperle in una certa fase per ottenere il tessuto embrionale. Fatto sta che dinanzi a tutto questo, per evitare il collasso demografico del paese, Stalin impone la retromarcia col codice del 1936, in cui l’aborto viene fortissimamente limitato, mentre il partito spiega che il “benessere” permesso dall’attuale società comunista rende criminale il ricorso alla eliminazione dei bambini nell’utero materno. Si riscopre all’improvviso che quello nell’utero materno è una persona umana vera e propria. Stalin arriva a dichiarare nell’aprile del 1936: “L’aborto che distrugge la vita è inammissibile nel nostro paese. La donna sovietica ha gli stessi diritti dell’uomo, ciò però non la esime dal grande e nobile dovere datole dalla natura: la donna è madre, dà la vita”. La donna, anzitutto lavoratrice, diventa, anzitutto, quando serve, madre. Il codice del 1944 è ancora più chiaro nel condannare l’aborto, che verrà però reintrodotto nel 1955, nuovamente con esiti disastrosi. Tra il 1966 e il 1970 a fronte di nascite che oscillano tra i 4 e i 4,2 milioni all’anno, gli aborti legali sono in Urss, sempre all’anno, dai sette agli 8 milioni, senza contare quelli clandestini. E’ un dato inequivocabile: ancora oggi l’aborto raggiunge livelli inimmaginabili proprio nei paesi comunisti, come Cuba, dove vi sono più bambini abortiti che nati, e in Vietnam, senza considerare le stragi della Cina. Quanto alla Russia degli ultimi anni, però, molte cose stanno cambiando: la rinascita religiosa si accompagna ad una sempre maggior consapevolezza sul valore della vita. Chissà che non venga dall’est, che ha sperimentato la follia disumana del materialismo anti-umano, la rinascita.

di Francesco Agnoli

Fonte: “Non c’è più religione…” – Prolife News.

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