“Non reagiamo con la violenza: il dialogo con i musulmani continua”

Parla l’arcivescovo di Kaduna. Boko Haram? “Un’infima minoranza di fanatici”. Il futuro? “Siamo nelle mani di Dio”

Davide Demichelis

La violenza provoca altra violenza. Noi cristiani non dobbiamo rispondere con la forza agli attacchi di cui siamo vittime. Non sappiamo nemmeno chi ci stia attaccando. Rispondere con le stesse armi sarebbe un errore, e due errori non fanno una cosa giusta”.

Non usa mezzi termini, monsignor Matthew Man-Oso Ndagoso, 53 anni, da cinque arcivescovo di Kaduna. La sua città è nell’occhio del ciclone, nel nord della Nigeria, ma lui afferma con forza che i cristiani devono continuare a dialogare con i musulmani. Da lunedì è in vigore il coprifuoco, in strada circolano solo poliziotti e militari. La prima pausa di quattro ore, che ha permesso alla popolazione di uscire dalle case, è arrivata venerdì, per consentire ai musulmani di recarsi nelle moschee a pregare. Ma ne hanno approfittato tutti, per fare un po’ di scorta di cibo, acqua e dei beni più essenziali. La seconda pausa, sempre di quattro ore, è per la preghiera dei  cristiani: domenica mattina.

Il presidente della Nigeria, Goodluck Jonathan, venerdì scorso ha destituito il Consigliere per la sicurezza nazionale e il ministro della Difesa, responsabili di non aver fatto fronte ad una situazione sempre più grave. Nell’ultimo anno e mezzo le violenze del gruppo terrorista islamico Boko Haram avrebbero causato oltre mille vittime. Nell’ultima settimana questo gruppo ha rivendicato tre attentati dinamitardi, solo nella regione di Kaduna, che avrebbero causato oltre cento vittime.

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