Novecento, il secolo senza Croce ~ CampariedeMaistre

di Francesco Filipazzi

Il ‘900 è stato un secolo di massacri indicibili provocati da armi impensabili, dove hanno preso corpo le dottrine anti umane dell’800. Dottrine che avevano in comune la cancellazione della Croce e quindi l’oblio del messaggio di Gesù Cristo, messaggio per l’uomo a favore dell’uomo. Questa la tesi di fondo di “Novecento, il secolo senza croce”, di Francesco Agnoli.

Partendo dalla Prima Guerra Mondiale, l’analisi spiega come l’interventismo del 1914 sia stato provocato dal crollo di valori della modernità. “La fuga è dalla modernità intesa come moderna società industriale borghese con tutte le sue nefaste conseguenze. Età del secolarismo, età delle macchine e della tecnologia significano infatti: materialismo, homo oeconomicus, conflitto di classi, individualismo ed egoismo, crollo dei valori e degli ideali puramente morali e non utilitaristici, solitudine, benessere svalutante, negazione dell’esperienza diretta della vita attraverso la sostituzione del naturale con l’artificiale”, scrive Agnoli, descrivendo in poche righe la natura del problema. Il Novecento è stato il secolo nel quale l’uomo al posto di tendere “verso l’alto” non ha fatto altro che tendere “verso il basso”, coltivando il materiale al posto dello spirituale e giungendo quindi a disprezzare la vita umana.

Di pari passo va quindi la sostituzione della religione vera e propria con le ideologie, concezioni della vita e della realtà integraliste, al contrario del cattolicesimo. In nome delle ideologie, la maggior parte delle quali apertamente in guerra con Dio e la Fede, è stato possibile giustificare di tutto. Il secondo capitolo del libro è dedicato proprio alla disamina dello scientismo comunista “ateo, in lotta contro Dio, l’uomo e la famiglia”, definito “la forza anticristiana più incisiva della storia” e dunque anti umana. “Alla religione cristiana, fondata sulla Rivelazione e sull’esistenza di un Dio trascendente, che darà a tutti secondo i loro meriti, contrappongono una religione immanente, con il suo dio, lo Stato; la sua chiesa, il partito; il suo papa, il capo del partito; la sua ortodossia e le sue eresie; con il suo paradiso, la società comunista futura e il suo inferno, i gulag e la morte per i reprobi, i  nemici di classe”.

L’ideologia comunista (nelle sue varie declinazioni marxista, leninista, maoista e via dicendo) è stata il motore dei più grandi massacri di tutta la storia umana e la durata delle dittature ad essa ispirata hanno portato ad amplificarne l’effetto venefico e orribile. Dal comunismo deriva  lo scientismo, quella forma di pensiero che contrappone la scienza alla Fede e cerca di negarne i fondamenti, in base al fatto che la scienza è empirica mentre la fede non lo sarebbe.

Dallo scientismo alla persecuzione religiosa, nei paesi assoggettati al comunismo, il passo fu breve. E giù altri massacri. Da notare anche il capitolo dedicato ad Adolf Hitler, indicato come “nemico della Chiesa”, che fra i tanti, se la prese con i preti.  Un altro frutto velenoso del comunismo, anche e forse principalmente in Occidente, sono stati il divorzio, l’aborto e tutte le forme distruttive di controllo delle nascite, di cui lasciamo la disamina alla lettura del libro.

Il volume si chiude con un capitolo molto singolare, dal titolo “Ateismo e suicidio”, che potrebbe far saltare i nervi ai vari Odifreddi e uaariani.  “L’uomo è capace di adeguarsi a tutto, o quasi, solo che lo spirito sostenga il corpo, e se stesso; solo che lo spirito non sia ancora più debole del corpo”, frase che nell’epoca del vuoto esistenziale spiega come ogni anno i suicidi crescano e come milioni di persone si tolgano volontariamente la vita. Cifre analoghe a quelle dei morti in guerra.

Non è un caso che il maggior numero di suicidi, giustificati da ragioni più o meno importanti, avvenissero nei paesi in cui il rapporto con la divinità era ed è tutt’ora molto diverso da quello cristiano. Per il cristiano Dio e il rapporto personale con Dio sono ragioni sufficienti per sopportare qualsiasi cosa, mentre per altre culture, in cui questo rapporto manca, va da sé che il suicidio sia accettabile.

La situazione è ancora peggiore laddove la religione non esiste proprio o è cancellata, come in Europa dove sin dall’illuminismo la decadenza della morale cristiana, sostituita dalla divinità Ragione, ha lasciato spazio a una concezione se non positiva, per lo meno “non negativa”, del suicidio, che non è più peccato gravissimo ma una semplice scelta.

Nel nord Europa, descritto come il luogo dove la libertà dell’uomo è giunta ai massimi livelli, il suicidio fra i giovani è diventato diffusissimo.

Il suicidio è quindi l’ennesima conseguenza dell’abbandono della fede cristiana, in un secolo, il Novecento, nel quale troppo sangue è stato sparso in nome di ideologie distruttive, falsi dei di un secolo senza Croce.

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