Califfato e profughi: carità e verità -NUOVO DIARIO MESSAGGERO

«Noi cristiani, e in particolare noi vescovi, abbiamo il dovere di alzare la voce». Un nuovo intervento di monsignor Ghirelli.

11/09/2014

Da decenni le comunità cristiane in varie zone del Medio Oriente vivono nella condizione di minoranze perseguitate, fino al punto che chi può scappa, trasferendosi all’estero. Così il numero dei membri della Chiesa si riduce continuamente, proprio nei Paesi di più antico radicamento del cristianesimo. Naturalmente essi chiedono aiuto alle comunità dell’Occidente, oltre che alla Santa Sede. Lo sforzo per sostentarle è veramente imponente ed encomiabile, anche perché si risolve in un beneficio generale per le popolazioni locali, non per i soli cristiani. Le nostre scuole, i nostri ospedali, le nostre case di riposo ospitano persone di diverse religioni, senza fare proselitismo. Ma anche i loro lamenti trovano accoglienza nell’animo dei fratelli di fede.
A partire dagli anni Ottanta si verifica un altro fenomeno: dall’Africa e dall’Asia i migranti, sempre più numerosi, vengono a cercare lavoro in Europa; una parte consistente di loro professa la religione islamica. Ebbene, è sotto gli occhi di tutti che la Chiesa offre aiuto materiale ai loro poveri come ai suoi, senza fare preferenze.
Negli ultimi anni, con un crescendo inarrestabile negli ultimi mesi, i profughi partiti dalla Libia o dai porti del Mediterraneo Orientale stanno approdando soprattutto in Italia. E di nuovo la Chiesa cerca di fare tutto quello che può. Anche ad Imola abbiamo ospitato in strutture della diocesi una trentina di profughi islamici. Nello stesso tempo, migliaia di cristiani appartenenti ad antichissime comunità della Siria e dell’Iraq, vengono scacciati in massa con la violenza da terroristi che proclamano l’instaurazione del Califfato islamico. Molte famiglie cristiane si trovano ora nei campi profughi sorti sui confini degli Stati vicini e per la loro sopravvivenza dipendono dagli aiuti internazionali; ci giungono attraverso i vescovi locali e la Caritas i loro appelli, sempre più drammatici.
L’aiuto materiale – sempre limitato – non potrà mai bastare, soprattutto finché manca la reciprocità. Il punto critico consiste nel contrasto tra la libertà religiosa e il trattamento umano che i profughi ricevono qui da noi e quello che ricevono in Medio Oriente: esso è troppo stridente. Noi cristiani  e in particolare noi vescovi non possiamo limitarci a rilevarlo, abbiamo il dovere di alzare la voce. Chiediamo perciò l’aiuto dello Spirito Santo, che agisce nei cuori, ma ci sentiamo anche di mobilitare tutti gli uomini di buona volontà, in particolare i capi religiosi, e di fare pressione insieme sulle Autorità civili, perché la disparità di trattamento venga eliminata, con un’esemplare inversione di tendenza. Alziamo la voce, perché anche questo è un modo per aiutare tutte le minoranze perseguitate; e chiediamo che i musulmani presenti in Occidente facciano altrettanto. I popoli di fede islamica vanno sollecitati dalle loro Autorità ad escludere la guerra santa come guerra di conquista, come conversione forzata. Viviamo ormai in un contesto di libertà religiosa, ne godiamo i benefici, quindi siamo moralmente obbligati a riconoscerla a tutti.

+ Tommaso Ghirelli, vescovo di Imola

Fonte: NUOVO DIARIO MESSAGGERO – Informazione e cultura cattolica della diocesi di Imola.

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