Obama è contro Israele e l’Europa, è schierato con gli islamici e con il “Governo mondiale” e una moneta unica. Perché Israele è costretto a difendersi (Parte Seconda)

di Andrea Tedesco

Israele non può permettersi il lusso di sbagliare, un singolo errore strategico e geopolitico può esserle fatale.
Proprio in funzione della sua sopravvivenza, percependo la viscerale e pericolosa ostilità di Obama, Israele è alla ricerca di nuove alleanze alternative agli USA che l’aiutino a sopravvivere fino alla scadenza del suo mandato.
D’altro canto, Israele ricorda la profonda amicizia del popolo americano e che gli USA, al momento, con tutti i loro limiti, primo fra tutti un presidente ostile, restano ancora il suo migliore alleato e la sua garanzia di poter avere la meglio in un conflitto esistenziale con l’Iran e i suoi alleati.
Queste nuove alleanze ricercate da Israele includono paradossalmente la Russia stessa (anche in funzione di contrasto alle ambizioni egemoniche dell’islamista turco Erdogan), come dimostrato dall’intensa collaborazione economica per lo sfruttamento del gas e del petrolio nel Mediterraneo, nonostante e fin dove lo consentano i limiti posti dall’alleanza russa con tradizionali e pericolosi nemici di Israele come l’Iran, la Siria e Hezbollah.
Non potendo fare completo affidamento su quello che dovrebbe essere un naturale alleato, cioè l’Europa, i nuovi strategici rapporti di collaborazione comprendono anche l’India, e persino la Cina, con cui Israele sta costruendo una via terrestre di trasporto alternativa al Canale di Suez (http://it.danielpipes.org/blog/2012/07/russia-cina-israele-contro-islamismo) in lungimirante previsione di un possibile blocco di questa via di comunicazione di importanza critica causato dalla destabilizzazione in atto in Medio Oriente, promossa dagli interventi militari statunitensi.

La strategia destabilizzante inaugurata dal presidente Bush con l’invasione dell’Iraq è forse facile da spiegare in termini di un possibile errore di valutazione geopolitica commesso dalla Casa Bianca sotto la pressione esercitata dalla necessità di rispondere agli attacchi terroristici dell’11/09/2001 e l’influenza dell’illusione di poter “esportare la democrazia” in Medio Oriente, sacrificando anni di politica estera a sostegno dei dittatori laici filo-occidentali.
Più difficile è spiegare il perseverare lungo la stessa strada apparentemente “senza vie d’uscita” da parte di Obama, sempre estremamente critico in campagna elettorale verso le politiche del suo predecessore anche perché in grado di valutarne l’impatto negativo con il senno di poi.
A differenza di Bush, Obama, come risultato della sua posizione ideologica di estrema sinistra, disprezza l’America e la cultura occidentale, incapace di cogliere ed apprezzare pienamente il valore e il significato della libertà e della democrazia.

Mentre Bush si era illuso di poter condividere un bene prezioso, ciò che di meglio l’America aveva da offrire, con i popoli oppressi del Medio Oriente, anche nell’ipotesi di poterci riuscire, Obama si sarebbe vergognato al pensiero di trasformare le dittature mediorientali a immagine degli USA.
La controprova è la propensione del pacifista Obama al ricorso all’uso della forza per deporre i dittatori mediorientali filo-occidentali allo scopo, non anzitutto di modernizzare e democratizzare il Medio Oriente, al di là della propaganda in questo senso ad uso e consumo dell’opinione pubblica, ma di consentirne l’islamizzazione.
Obama, vergognandosi del passato del suo paese, si è infatti speso nella profusione di controproducenti scuse  verso il mondo islamico, ha voluto il ritiro dall’Iraq, programmato quello dall’Afghanistan, e, per rimediare agli errori dell’imperialismo e colonialismo occidentali, sostiene gli sforzi dell’islam radicale di riprendersi quanto, anche secondo lui, apparterrebbe legittimamente all’islam, inclusa la terra di Israele.                                                                                                    Obama, è riuscito a vendere ai cittadini americani la sua apparente continuità con le politiche del “guerrafondaio” Bush, sebbene nel suo caso in realtà a favore dell’islam radicale piuttosto che della libertà e democrazia, attraverso una macchina di propaganda molto efficiente.

Grazie soprattutto ad un’intensa campagna mediatica, il presidente ha infatti ridotto agli occhi dell’opinione pubblica il nemico islamico allo sparuto gruppo di fanatici di Al Qaeda, i quali avrebbero scelto il metodo discutibile della violenza per esprimere il comprensibile risentimento del mondo islamico e le sue legittime rivendicazioni.                                                                                Con un colpo da maestro, eliminando Osama Bin Laden, egli ha lasciato credere di aver inflitto il colpo di grazia all’organizzazione Jihadista, risolvendo così una volta per tutte il problema del terrorismo islamico, generando un falso senso di sicurezza nel popolo americano e guadagnandosi  con ogni probabilità il secondo mandato.                                                                                            Grazie a questa pericolosa semplificazione della natura e dell’entità del problema islam, Obama è riuscito così a sdoganare l’islamismo dei Fratelli Musulmani spacciandoli per moderati, nel confronto con Al Qaeda, e meritevoli di partecipare ad elezioni democratiche nell’ambito della Primavera Araba, sulla base della loro apparente condanna del ricorso alla violenza come strumento di attuazione della Jihad.                                                                                        Paradossalmente, per “combattere” lo sparuto gruppo d’islamisti di Al Qaeda e le loro velleitarie mire egemoniche globali perseguite con metodi esclusivamente violenti, Obama sta consegnando il Medio Oriente nelle mani dell’islam radicale, accelerando così la realizzazione dell’ambizioso progetto originale di Al Qaeda e degli altri islamisti.

Anche alla luce della futura indipendenza energetica garantita agli USA dall’innovativa tecnologia estrattiva del fracking (http://www.nytimes.com/2012/03/23/business/energy-environment/inching-toward-energy-independence-in-america.html?pagewanted=all&_r=0 ) alcuni esperti di strategia militare e geopolitica, ritengono, non senza ragioni plausibili, di poter identificare nell’evoluzione dello scenario geopolitico attuale una strategia americana di destabilizzazione del Medio Oriente allo scopo di danneggiare l’Europa e contrastare la possibile competizione economica europea, a favore degli interessi economici americani.
Che esista oppure no un preciso piano strategico americano formulato in chiave anti-europea, i processi in atto in Medio Oriente, promossi dalla rimozione da parte di Obama dei sistemi di controllo dell’islam radicale rappresentati dai dittatori arabi filo-occidentali, sono forieri di minacce e problemi di sicurezza ed economici significativi per l’Europa.
L’analisi del pensiero di Obama, del suo passato e delle sue lunghe e intense frequentazioni di gruppi radicali di estrema sinistra anti-americani, oltre che anti-sionisti e anti-cristiani, e filo-islamici molto vicini ai Fratelli Musulmani (alcuni dei quali appaiono tra i consiglieri del Presidente in materia di rapporti con l’islam e politica estera del Medio Oriente), permette però di prendere in considerazione anche un’altra possibilità persino più inquietante.
Ciò che emerge con chiarezza è il fatto che Obama, in realtà, non ami il suo paese e, sebbene la destabilizzazione del Medio Oriente possa favorire economicamente gli USA nel breve periodo, in ultima analisi Obama potrebbe essere impegnato a portare avanti un’agenda globalista e filo-islamica ostile agli interessi degli USA nel lungo periodo.
È quindi anche possibile, e forse probabile, che i benefici economici per gli USA siano un vantaggio collaterale a breve termine, e, come tali, una sorta di specchietto per le allodole, non l’obiettivo primario e a lungo termine di una strategia in realtà volta a promuovere la realizzazione del progetto Eurabia, come primo passo verso la creazione di uno “stato unico mondiale” governato da un unico governo globale.
In altre parole, prima l’Europa, poi, a tempo debito, anche gli USA…

È possibile formulare l’ipotesi dell’esistenza di un piano egemonico che si propone di creare un’unica entità globale senza distinzioni di religione, cultura etc. con un solo governo planetario, di cui l’ONU potrebbe rappresentare un embrione, ed un nuovo unico sistema bancario, non a caso molto simile a quello islamico, in cui non viene applicato alcun tasso d’interesse, di cui ad esempio Ekabank (http://www.ekabank.org/it/) potrebbe rappresentare un primo abbozzo.

Questa banca, già a partire dal nome, EKA significa Uno in Sanscrito, e dall’identità del suo fondatore, un certo Rodolfo Marusi Guareschi, sembra collegata al progetto globalista della nuova sinistra ambientalista, pacifista, terzomondista, filo-islamica e anti-sionista.
A quanto pare, il signor Guareschi avrebbe dato avvio anni fa a programmi di trasformazione del pianeta in un’unica entità politica, economica e multiculturale, in cui non esista più il concetto di patria, nazione e cultura.
Egli avrebbe lanciato progetti come Dhana (Moneta mondiale) con il fine di ottenere una moneta unica mondiale (http://holos.wgov.org/dhana.org) o la Repubblica della Terra (Governo mondiale) per arrivare alla costituzione di un governo mondiale eletto direttamente dagli abitanti del pianeta (http://holos.wgov.org/asmad.org).                                                                                                     Questi progetti, che paiono un’estrapolazione a livello planetario del piano originale di omologazione sociale a livello “nazionale” dei comunisti, passano necessariamente attraverso la distruzione delle sovranità nazionali.
La somiglianza di Ekabank con il sistema bancario islamico non può essere una semplice coincidenza.
La nuova sinistra mondiale è infatti alleata dell’islam radicale incarnato dai Fratelli Musulmani ed ha aperto le porte all’immigrazione islamica verso i paesi occidentali per distruggere l’identità nazionale e realizzare il sogno folle del multiculturalismo, passo fondamentale nell’attuazione del progetto di “Repubblica della Terra”.
Obama, illustre rappresentante di questa sinistra ( o magari addirittura della Fratellanza Musulmana), è una pedina fondamentale della partita.
Un altro pezzo, altrettanto importante, è l’amico e sponsor delle campagne elettorali di Obama, l’ebreo anti-sionista e anti-semita George Soros, speculatore finanziario plurimiliardario arricchitosi attraverso la distruzione economica delle entità nazionali.
Allo scopo di riportare in auge e confermare il proprio anti-semitismo (e anti-sionismo), Soros viene spesso menzionato proprio per le sue origini ebraiche dagli anti-sionisti ( e anti-semiti) cattolici, che da una parte sottovalutano la minaccia islamica, dall’altra sopravvalutano invece quella posta dagli speculatori della finanza mondiale, i quali, come è noto, annoverano tra le loro fila numerosi ebrei.
Il dettaglio più interessante di questo personaggio, cioè il suo documentato virulento ed impegnato anti-sionismo ( e anti-semitismo), viene però solitamente trascurato.
Soros è la “confutazione vivente” della teoria del presunto complotto sionista di conquista e dominio del mondo, sposata e condivisa dal mondo islamico e dai detrattori di Israele, anche cattolici, e contemporaneamente la prova vivente dell’esistenza di un piano egemonico criminale alternativo portato avanti invece proprio dall’islam e dai suoi alleati anti-sionisti e anti-semiti occidentali.
George Soros, dopo averlo sfruttato in modo eticamente discutibile, è convinto che il sistema bancario e finanziario attuale sia al collasso e destinato a crollare, guarda caso proprio quello che pensano i fondatori di Ekabank, che infatti si offre come tempestiva alternativa al vecchio sistema e come banca unica mondiale.
Mentre Obama è l’anello di legame con l’islam radicale, molto probabilmente anche attraverso il fratello Malik Obama, esponente dei Fratelli Musulmani e alleato del criminale presidente sudanese Omar Al-Bashir, Soros è quello di collegamento con la finanza speculativa mondiale ebraica e non.
Entrambi sono visceralmente ostili ad Israele e impegnati, ciascuno sul proprio fronte e nei limiti posti dal proprio ruolo specifico, nella delegittimazione e distruzione dell’entità nazionale sionista.

Perche?

Per la semplice ragione che Israele non fa parte del progetto globalista portato avanti dalla nuova sinistra mondiale, dalla finanza speculativa e dai loro alleati islamici.

Al contrario, Israele costituisce un ostacolo decisivo sulla strada verso la sua realizzazione, nella misura in cui rischia di comprometterne anzitutto l’attuazione della prima fase, Eurabia, sia praticamente, sia simbolicamente, in quanto modello di successo dell’attaccamento alle proprie radici religiose e culturali ed espressione drammatica di sovranità nazionale.
Israele può beneficiare dalla destabilizzazione del Medio Oriente, come manifestazione di un conflitto interno all’islam che distolga l’attenzione e riduca la forza dell’aggressione islamica contro di essa, non in quanto tale o in funzione del progetto criminale di Obama, Soros e soci, di cui lo Stato Ebraico non è complice, anzi semmai potenziale vittima.
Israele resta invece l’esempio più eclatante della forza e del successo del principio e della realtà di nazione, radicata com’è nella sua tradizione religiosa e culturale giudaica, e per questo in grado di resistere ad ogni tentativo di annientamento, antico, recente ed attuale, e vera spina nel fianco dei globalisti occidentali e dei loro alleati islamici.
Agli occhi dell’islam radicale, Israele sfida impunemente il potere di Allah dimostrando da oltre 60 anni la futilità di ogni tentativo di distruggerla.
Agli occhi dei globalisti occidentali della nuova sinistra, Israele sfida il sogno di omologazione e annullamento delle differenze individuali e di creazione di un mondo perfetto.
Come tale, Israele, con tutti i suoi limiti e difetti, rappresenta un modello per l’Italia e l’Europa a cui guardare se veramente interessati a contrastare il piano globalista di Obama, Soros e soci e a difendere la sovranità nazionale, rivendicando nel nostro caso le radici giudaico-cristiane.

Se riusciamo a guardare al piccolo e “brutto anatroccolo erede di David” come all’ostacolo più importante sulla strada dei giganti della stirpe di Goliat, improvvisamente potrà trasformarsi in uno splendido cigno…

Fonte: Obama è contro Israele e l’Europa, è schierato con gli islamici e con il “Governo mondiale” e una moneta unica. Perché Israele è costretto a difendersi (Parte Seconda).

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