Obama, famiglia e matrimonio sotto scacco

di Donata Fontana

A giudicare dalle prime mosse del suo secondo mandato come Presidente degli Stati Uniti, Barak Obama pare intenzionato a mettere sotto scacco la famiglia e il matrimonio. A pochi giorni dalle dichiarazioni d’intenti con cui il Presidente ha indicato l’estensione dei diritti degli omosessuali come istanza fondamentale della sua legislatura, ecco le prime conferme. Con una richiesta formale – qualche giorno fa – il Presidente Obama ha posto all’attenzione della Suprema Corte di Giustizia americana, custode della Costituzione, la necessità di rivedere i contenuti della legge federale che definisce il matrimonio tra uomo e donna.

La normativa, il così detto DOMA: Defence of Marriace Act, che Obama indica ai Giudici come incostituzionale – per un’asserita violazione del V emendamento alla Costituzione USA – è stata introdotta nel ’96 da Bill Clinton ed è una legge federale che impedisce il riconoscimento in tutta la Nazione delle unioni tra persone omosessuali, eventualmente permesse dalle legislazioni dei singoli Stati. Secondo il testo dell’istanza di abrogazione presentata alla Corte dal Dipartimento di Stato, il DOMA violerebbe «il principio fondamentale di uguaglianza di fronte alla legge» poiché non riconosce gli stessi diritti alle coppie eterosessuali e non. Per ora, solo 9 stati su 50 – oltre alla capitale Washington – riconoscono effetti giuridici all’unione tra omosessuali, ma mancando un riconoscimento a livello nazionale, si verificherebbero discriminazioni tra cittadini di diversi Stati.

L’insistente richiesta del Presidente Obama di abolire la terza sezione della legge sul matrimonio – eliminando, quindi, il riferimento a una necessaria differenza di sesso tra i componenti della coppia – non è giunta casualmente ora all’attenzione della Suprema Corte americana: proprio in questo mese infatti i Giudici dovranno decidere sul ricorso presentato da Edith Windsor. La donna, omosessuale, si è sposata in Canada nel 2007 con la sua compagna, Thea Spyer; alla morte di Spyer, la Windsor ha richiesto il rimborso al fisco americano di oltre 360.000 dollari in tasse di successione, ma la Internal Revenue Service (l’equivalente d’oltroceano della nostra Agenzia delle Entrate) lo ha negato, proprio citando il DOMA. E’ plausibile che l’istanza tempestivamente promossa dal Dipartimento di Stato possa esercitare una qualche influenza su questa decisione della Corte, chiamata già a decidere su casi simili nei prossimi mesi; potrebbe crearsi un precedente significativo che orienterà anche le Corti distrettuali nei singoli Stati.

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