di Ilaria Pisa
Le prime due applicants (una hostess presso la British Airways e un’infermiera) hanno incontrato notevoli difficoltà sul luogo di lavoro a causa della piccola croce-gioiello indossata al collo; gli altri due (rispettivamente, un’impiegata pubblica addetta ai registri dell’anagrafe e un consulente di un ente privato specializzato in counselling di coppia) si sono rifiutati – apertamente o velatamente – di interagire con coppie omosessuali, nel primo caso desiderose di stipulare una civil partnership alla stregua del diritto britannico, nel secondo in cerca di supporto per problematiche psico-sessuologiche. Seguono in tutti i casi, com’è facile intuire, intricate vicende di mobbing, conflitti con i colleghi e licenziamenti. Ma chi ha ragione? Prevale la libertà di pensiero e di manifestazione della propria appartenenza ad un credo religioso, o la laicità e la corporate image? E’ più discriminatorio ostacolare il lavoratore (e licenziarlo) per le sue convinzioni morali, o creare “colli di bottiglia” per le coppie omo nell’accesso a determinati servizi pubblici o privati?
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