Omofobia, ancora sospensione alla Camera | Politica | www.avvenire.it

Dopo le tensioni di ieri tra Pd e Pdl sul nuovo testo contro l’omofobia, è di nuovo polemica oggi in aula alla Camera. Alla ripresa dei lavori, quando avrebbero dovuto iniziare le votazioni sugli emendamenti, Ettore Rosato (Pd) ha chiesto una “breve sospensione”. Brusii di disapprovazione dai banchi dell’opposizione e Rosato ha aggiunto: “Mi spiace ma ci sono dei problemi che stiamo cercando di risolvere perché le leggi si fanno cercando di trovare un consenso. La presidente della commissione Giustizia Donatella Ferranti sta cercando di trovare un accordo tra i gruppi di maggioranza e per questo non è ancora in aula”.

Ferranti, arrivando in aula dopo un tentativo di mediazione all’interno della maggioranza, comunica che Antonio Leone (Pdl) ha rassegnato le sue dimissioni da co-relatore (l’altro relatore è Ivan Scalfarotto del Pd). La presidente della commissione, invitando Leone a ripensare la sua decisione, chiede quindi che la seduta mattutina venga sospesa per dare modo al Comitato dei nove di tornare a riunirsi per l’esame degli emendamenti (il nodo è ancora quello dell’estensione delle aggravanti delle Legge Mancino anche al nuovo reato di omofobia. La proposta di Ferranti è di tornare in aula alle 16.

Prima che Ferranti arrivasse in aula M5s, Sel e Lega avevano protestato per i continui rinvii. IL Carroccio ha chiesto un rinvio del testo in commissione visto che manca l’accordo nella maggioranza. In aula alla Camera, dopo l’annuncio delle dimissioni di Antonio Leone da relatore delle norme sull’omofobia, Andrea Colletti (Movimento 5 stelle) interviene e dice: “Trovo questa modalità di arrivare a un compromesso tra le due forze di maggioranza vergognosa e non rispettosa delle forze che sono in aula. Invito la presidenza a non accettare la
richiesta di una sospensione a meno che non venga motivata da specifiche esigenze d’aula”. È il suo collega di gruppo Riccardo Nuti aggiunge: “Il fatto che le forze di maggioranza non trovino l’accordo. Non può essere un motivo valido e degno per non continuare a lavorare. Stiamo scadendo nel ridicolo”.

Dalla Lega, visto che anche ieri l’aula è stata sospesa per consentire alla maggioranza di trovare una mediazione, Massimiliano Fedriga, viene chiede il ritorno del testo in commissione per dare all’aula la possibilità di occuparsi dei provvedimenti in materia economica “visto che – sottolinea – abbiamo il più alto tasso di disoccupazione”. E poi, aggiunge il deputato del Carroccio “la maggioranza consenta che in aula arrivino almeno i provvedimenti che sono pronti e su cui c’è un accordo”.

Il deputato 5 stelle Cristian Iannuzzi, ha in pratica chiesto le dimissioni della presidente della Camera Boldrini accusandola di non essere imparziale: “Se non riesce ad esserlo – ha detto Iannuzzi – si dimetta”. Richiesta poi smentita. Polemiche in aula, dove si discute del provvedimento sull’omofobia, con gli esponenti di Pdl, Pd e Sel che sono invece intervenuti a difesa della presidente.

Alla Camera prevale la fretta di Angelo Picariello
Sul ddl omofobia prevale la fretta, la voglia di portare a casa un risultato purchéssia, anche a costo di sancire una rottura nella già fragilissima maggioranza. Il testo ottiene il semaforo verde per l’aula, complice l’intesa ancora in alto mare sul punto calendarizzato subito prima, il finanziamento pubblico ai partiti. Non che sul ddl che fa diventare reato l’omofobia e la transfobia l’accordo vi sia, anzi. Tuttavia la linea che passa è di andare avanti a tappe forzate. Forzata, prima della pausa per le ferie la discussione in commissione, senza neanche votare gli emedamenti, forzata ora anche la discussione in aula, con tempi contingentati.

La seduta pomeridiana era ripresa con ritardo, in attesa che il “comitato dei 9” della commissione Giustizia partorisse una mediazione condivisa. Invece il Pd, sebbene fosse consapevole del no del Pdl alla configurazione dell’omofobia anche come aggravante (oltre che come fattispecie di reato discriminatorio, ai sensi della legge Mancino) decideva di riproporre questa sua determinazione con il capogruppo Walter Verini. A un certo punto nella bagarre il Pd accreditava anche l’ipotesi di maggioranze alternative, dando in un primo momento l’ok a un emendamento di M5S (prima firmataria Francesca Businarolo), che recependo una dicitura della risoluzione del Parlamento europeo 18 gennaio 2006 reintroduceva la parola transgender, la cui eliminazione dal testo iniziale aveva dato la stura alla trattativa. Leggendo fino in fondo il testo dei Grillini il capogruppo del Pdl Enrico Costa reagiva e la sua opposizione induceva alla fine il Pd al voto contrario. La trattativa andava avanti senza sbocchi, invece, sull’aggravante della discordia. La svolta si aveva quando Scelta civica con Gregorio Gitti accettava una nuova ipotesi di mediazione. Dicendo sì all’aggravante su cui il Pd si era impuntato in cambio della promessa di recepire un emendamento a firma Gigli-Balduzzi che allarga le “scriminanti”, cioè il campo delle ipotesi che vanno escluse dalla fattispecie di reato. Nel testo-Verini c’era già esclusa, a tentare di scongiurare il reato di opinione, «la libera espressione e manifestazione di convincimenti e opinioni purché non istighino all’odio e alla violenza». L’emendamento di Scelta civica, accettato dal Pd, inserisce fra le “scriminanti” anche un più esplicito riferimento alle «leggi vigenti» (dunque anche il diritto di famiglia) e alle manifestazioni di pensiero all’interno di «organizzazioni riconosciute».

L’intento di Sc era quello di salvare una possibile intesa nella maggioranza, onde prevenire la tentazione – da parte del Pd – di sondare altri terreni ed alleanze, con esiti peggiorativi sul testo. Il risultato però era la rottura e l’isolamento del Pdl, col rischio – ora – di arrivare in aula senza rete, oggi, per il resto dell’esame. E di veder rispuntare dalla finestra proposte da tempo scartate nella trattativa (come – appunto – la definizione di genere) ma tuttora presenti nelle proposte emendative di Sel e 5 Stelle. D’altronde i gruppi sono tutti piuttosto divisi al loro interno e l’adozione, che sembra profilarsi (potrebbe chiederlo il Pdl) del voto segreto non consente alcun tipo di previsione, in un senso o in un altro.

Ieri, intanto, con il voto segreto sono state bocciate le pregiudiziali di costituzionalità presentate – con argomenti che meritavano, in verità, una trattazione molto meno frettolosa – da Marco Rondini (della Lega), Edmondo Cirielli (Fratelli d’Italia) ed Alessandro Pagano (Pdl). Il solo Pagano presentando la sua pregiudiziale (che vedeva come seconda firmataria Eugenia Roccella) arrivava ad enumerare ben 7 articoli della Carta messi a rischio da questo testo, dall’articolo 3 sul principio di uguaglianza (evidenziando che ai gay sarebbe concessa una tutela anti-discriminatoria non prevista ad esempio per i disabili) all’articolo 21 sulla libertà di pensiero, dall’articolo 19 sulla libertà religiosa all’articolo 25, che sancisce il principio di legalità e tassatività, mentre, lamenta Pagano, «un testo del genere rischia di creare un’antropologia di Stato e essere affidata alla libertà interpretativa dei magistrati».

Alla fine, nel segreto, erano 100 i voti a favore delle pregiudiziali, non poche visto che anche il Pdl, con Costa, aveva preso le distanze. Nell’intento, evidentemente, di tenere in vita la trattativa, che stamattina riprenderà. Anche se con spazi ormai ristrettissimi.

 

Angelo Picariello

Fonte: Omofobia, ancora sospensione alla Camera | Politica | www.avvenire.it.

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