One of Us mette alla prova le istituzioni europee davanti alla Corte Generale dell’Unione Europea | NOVAE TERRAE

one of usLo scorso 25 luglio, l’iniziativa One of Us ha presentato un reclamo alla Corte Generale dell’Unione Europea (Lussemburgo) contro la Commissione Europea, il Consiglio dell’Unione Europea e il Parlamento Europeo, chiedendo l’annullamento della stesura finale 355 (2014) da parte della Commissione, con la quale si è deciso di non trasmettere la proposta legislativa al Parlamento Europeo e al Consiglio, e l’annullamento dell’articolo 10 della norma (UE) n. 211/2011.
Il 28 maggio, la ex Commissione Barroso aveva votato contro l’iniziativa cittadina One of Us, la più grande petizione nella storia delle istituzioni europee. L’iniziativa, sostenuta formalmente da quasi due milioni di cittadini europei, è la più grande nella storia dell’Europa e chiede a Bruxelles di fermare i finanziamenti a favore di qualsiasi pratica che preveda la distruzione di vite umane prima della nascita.

Nel documento presentato alla Corte, One of Us afferma l’assenza di un’appropriata risposta alla proposta e alle questioni sollevate.
La Commissione non ha risposto all’affermazione secondo la quale l’embrione è un essere umano e ha ingiustamente ignorato la decisione C-34/10 (Oliver Brüstle contro Greenpeace e.V. Del 18 ottobre 2011), sebbene essa sia rilevante per la definizione dello status dell’embrione. Ci sono contraddizioni alquanto evidenti: la ricerca sugli embrioni non viene ‘incoraggiata’, ma viene finanziata la ricerca che presuppone la distruzione degli embrioni; dato che il sistema non garantisce una difesa etica specifica, i Paesi con la minor protezione etica sono agevolati dal punto di vista finanziario.

La decisione di finanziare l’aborto nei Paesi in via di sviluppo si basa su presupposti errati, ovvero che le organizzazioni che promuovono e praticano l’aborto in queste zone portino beneficio alla salute delle madri, e che offrire accesso all’aborto sia un obbligo internazionale imposto dal programma di azione del ICPD del 1994 e dagli Obiettivi di Sviluppo del Millennio delle Nazioni Unite.

Nel documento, One of Us denuncia una violazione del processo democratico da parte della Commissione, che non ha dato alcuna ragione legale a giustifica del rifiuto di trasmettere la proposta al Parlamento (impossibilità, assenza di necessità o ridondanza). La Commissione ha inoltre frainteso i requisiti della norma (UE) n. 211/2011 e mantiene il monopolio del processo legislativo, contrariamente alla disposizione (TEU e TFEU) sul dialogo istituzionale; non ha presentato separatamente le decisioni legali e politiche, sebbene sia richiesto dalla norma (UE) n. 211/2011. Infine, One of Us ha dimostrato la non-conformità della norma (UE) n. 211/2011 ai trattati dell’Unione Europea.

Gli obiettivi del Trattato di Lisbona servono a migliorare la legittimità democratica delle istituzioni e a incoraggiare la partecipazione dei cittadini europei nel processo democratico. Ma se un’iniziativa cittadina europea può essere ignorata dalla Commissione per ragioni soggettive o arbitrarie senza alcuna verifica da parte del Parlamento, gli obiettivi del trattato perdono credibilità.
La funzione della legge è azzerata, se la decisione della Commissione non è soggetta ad una revisione legale.

Infine, dato che non ha senso discutere in mancanza di democrazia, la questione principale del documento non è il contenuto di One of Us, ma il modo in cui l’iniziativa è stata trattata dalla Commissione Europea. Non si tratta solo di diritto alla vita, ma in primo luogo di democrazia. Il primo obiettivo del documento è chiedere all’Unione Europea di chiarire cos’è veramente un’iniziativa cittadina europea e come deve essere trattata. Tutti i cittadini dell’UE, sostenitori e oppositori dell’iniziativa One of Us, apprezzeranno sicuramente questo chiarimento. Il documento propone una chiara alternativa alla Corte Generale dell’Unione Europea. Ci sono due possibilità: il documento raggiungerà gli obiettivi desiderati, e in questo caso l’iniziativa andrà a buon fine e diventerà uno strumento utile e praticabile di democrazia partecipativa; oppure il documento verrà respinto, quindi l’iniziativa non si dimostrerà altro che un meccanismo falso di democrazia partecipativa.

Grégor Puppinck

Turtle Bay and Beyond

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