Oriana Fallaci e la fede. L’incontro con Ratzinger | Tempi.it

Tratto dall’Osservatore Romano, di Elisabetta Galeffi – «Sono convinto — ma fra noi non ne abbiamo mai parlato — che Oriana non abbia mai letto la Lettera ai Colossesi dove san Paolo scrive che Cristo ha “privato della loro forza i principati e le potestà e ha fatto di loro pubblico spettacolo”, ma è certo che lei, coi suoi scritti, con le sue micidiali e irriverenti interviste, ha fatto la stessa cosa, spogliando il potere dei suoi paramenti e offrendo pubblico spettacolo delle sue debolezze».

Umberto Cecchi, nel suo ricordo dell’amica Oriana Fallaci (Oriana Fallaci. Cercami dov’è il dolore, Firenze, Polistampa, 2013, pagine 320, euro 13) scrive una testimonianza di quella che, per me, fu la via della fede della giornalista: la ricerca della verità senza ipocrisie e senza stancarsi. Lo dice lei stessa, in una telefonata che riporta Luigi Accattoli: «Ho amato così tanto la vita da non potermi non definire cristiana». Perché non potrebbe essere? Non tutti nasciamo con le stesse granitiche certezze, ma credo che ognuno di noi mortali abbia la necessità profonda, che ogni tanto fa capolino, di trovare una ragione del nostro essere qui, su questa Terra.

Forse in alcuni il bisogno di ancorarsi a qualcosa è meno impellente, forse altri ancora si barcamenano senza farsi troppe domande. La Fallaci non apparteneva a nessuna delle due categorie. «Ognuno nella vita deve riempire il suo calice» diceva anni fa una suora del Sacro Monte di Varese. «I calici hanno misure diverse, ognuno ha il suo». Alla Fallaci, che ammetteva di non potersi dire “non cristiana” per cultura e per sentimento nei confronti dell’umanità, mancò per avvicinarsi alla fede «quell’anticipo di simpatia senza la quale non c’è alcuna comprensione» che Papa Benedetto chiede ai suoi lettori nell’introduzione di Gesù di Nazaret.

La Fallaci, negli anni giovanili, quell’anticipo di simpatia non lo provò. Altrimenti, come avrebbe potuto l’Oriana, nella Firenze che amava, splendente di capolavori artistici nati da una profonda fede religiosa, non abbandonarsi, almeno, alla speranza di non esser soli? La Fallaci era cresciuta da genitori militanti di Giustizia e Libertà, un movimento nato nel 1929 che lottava contro il fascismo e per una società laica e secolarizzata. Ebbe un’educazione forgiata negli ideali della famiglia: a 14 anni attraversava l’Arno nel punto di secca con la sua bicicletta per trasportare munizioni. Uno svezzamento anche nel più radicale anticlericalismo, come riescono a esser radicali i fiorentini dal tempo di Dante.

Ognuno ha il suo calice, la sua vita con cui riempirlo, la Fallaci ha trovato nella difesa della libertà, della dignità, dei diritti dell’uomo, la sua via. Oriana ha vissuto il giornalismo come un mestiere/missione; può esserlo se ci si crede.

La difficoltà di entrare nei panni di altri uomini, in società diverse da quella a cui si è abituati, può rafforzare o distruggere le nostre certezze. Per incontrare chi non si conosce e si vuol capire è necessario andare oltre le varie forme di relativismo, gli schematismi e i pensieri deboli. Il giornalismo, specie quello di alcuni fortunati reporter, può diventare una via privilegiata verso un cammino di fede.

Difficile immaginare quanto può resistere il desiderio di Trascendente nell’orrore di una guerra senza fine e con troppe vittime come quella del Vietnam. Ma, razionalmente, come si può accettare di trovarsi sulla Terra solo per un tale insensato destino? «L’obiettivo dello scrivere: è quella ricerca della verità che serve alla vita» dichiara Oriana Fallaci in una sua celebre conferenza nel luglio del 1983 a Buenos Aires, all’epoca della dittatura dei militari. «Senza il sogno di un mondo migliore non possiamo operare (noi veri scrittori) perché perdiamo l’obiettivo morale, la spinta creativa» conclude.

«Provate a vivere come se Dio esistesse» ha proposto Joseph Ratzinger a chi non crede. Oriana Fallaci confidava, negli ultimi anni della sua vita, di riflettere spesso su quelle parole. Magari si era accorta che aveva accettato, da tempo, quella scommessa.

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