Paglia: «Il matrimonio è tra uomo e donna»

Il matrimonio «è unicamente quello tra un uomo e una donna». E a dirlo «non c’è solo la Chiesa, ma anche la Costituzione italiana». Esiste poi «l’arcipelago delle altre convivenze non familiari», per le quali «è bene che si cerchino soluzioni patrimoniali e nel diritto privato». E questo «senza nulla togliere alla uguale dignità di ogni essere umano».

Lo ha ribadito ieri monsignor Vincenzo Paglia, presidente del Pontificio Consiglio per la famiglia, rispondendo alle domande dei giornalisti, durante la conferenza stampa di presentazione degli Atti della Giornata mondiale delle famiglie svoltasi lo scorso giugno a Milano.

L’arcivescovo ha ampiamente motivato le sue affermazioni. «Il crocevia dello Stato e della società è l’intreccio delle generazioni – ha affermato –. Quindi non dobbiamo pensare che il matrimonio sia giustificato solo dall’affetto: l’autosufficienza del sentimento non giustifica da solo il matrimonio. Certo, c’è anche l’amore, ma esso ha una struttura pubblica che non può essere allentata. Se poi ci sono diritti individuali da garantire, è bene percorrere altre strade». «Solamente l’uomo e la donna – ha aggiunto monsignor Paglia – possono dar luogo a una famiglia. Gli altri affetti non giustificano il matrimonio, perché quest’ultimo implica generatività. Se per matrimonio intendiamo qualunque affetto, allora abbiamo distrutto tutto e a perderci siamo tutti».

A tal proposito il presidente del Pontificio Consiglio per la famiglia ha citato tre testimonial al di sopra di ogni sospetto. Cicerone per l’antichità classica («la famiglia è il principio dello Stato»); Giustiniano come sommo giurista («il matrimonio è l’unione tra un uomo e una donna») e persino il laico Giorgio Gaber, secondo cui «L’universo sa soltanto che senza due corpi differenti e due persone differenti non c’è futuro».

Paglia ha anche mostrato il punto di vista dei figli. «Se passa la dizione “genitore a” e “genitore b”, mi chiedo: qual è la prima parola che i genitori si aspettano che il bambino dica? Così rischiamo di prendere delle decisioni delle quali non conosciamo le conseguenze drammatiche». La verità, ha aggiunto, «non richiede l’abolizione delle differenze o una sorta di egualitarismo malato, altrimenti apriamo la strada al diritto al figlio. Ma che siamo al supermercato? Il figlio è anche un dono, non è mica un frutto matematico di due files che si incontrano».

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