dicembre 8, 2012 Redazione
Pubblichiamo la grande testimonianza di Asia Bibi, cattolica condannata a morte in Pakistan per false accuse di blasfemia, che attende da anni in prigione il processo di appello.
«Mi chiamo Asia Noreen Bibi. Scrivo agli uomini e alle donne di buona volontà dalla mia cella senza finestre, nel modulo di isolamento della prigione di Sheikhupura, in Pakistan, e non so se leggerete mai questa lettera. Sono rinchiusa qui dal giugno del 2009. Sono stata condannata a morte mediante impiccagione per blasfemia contro il profeta Maometto». Inizia così la lettera pubblicata da Avvenire e scritta da Asia Bibi, pakistana cattolica, madre di cinque figli, condannata per blasfemia per avere bevuto un bicchiere d’acqua raccolta da un pozzo di un musulmano e per questo accusata di avere “infettato” la fonte. Dopo avere rifiutato l’appellativo di infedele e l’imposizione di convertirsi da parte di altre donne, Asia Bibi è stata accusata di avere insultato il profeta Maometto. In prigione dal 2009, Asia aspetta ancora una data per il processo di appello che, si spera, ribalterà la sentenza riconoscendo la falsità di quanto le è stato imputato.
«ORGOGLIOSA DI SACRIFICARMI PER DIO». «Voglio soltanto tornare da[i miei figli], vedere il loro sorriso e riportare la serenità – prosegue Asia nella lettera – Stanno soffrendo a causa mia, perché sanno che sono in prigione senza giustizia. E temono per la mia vita. Un giudice, l’onorevole Naveed Iqbal, un giorno è entrato nella mia cella e, dopo avermi condannata a una morte orribile, mi ha offerto la revoca della sentenza se mi fossi convertita all’islam. Io l’ho ringraziato di cuore per la sua proposta, ma gli ho risposto con tutta onestà che preferisco morire da cristiana che uscire dal carcere da musulmana. “Sono stata condannata perché cristiana – gli ho detto –. Credo in Dio e nel suo grande amore. Se lei mi ha condannata a morte perché amo Dio, sarò orgogliosa di sacrificare la mia vita per Lui”».
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