Pakistan, “gruppi di protezione” tra i cristiani di Karachi – Vatican Insider

Dopo l’attacco di militanti islamici all’aeroporto della città, l’arcivescovo Joseph Coutts mette in guardia sulla penetrazione talebana nella società.

Paolo Affatato

Un attacco al cuore dello stato. Colpendo in modo clamoroso e massiccio, con granate e decine di militanti, l’aeroporto internazionale di Karachi, l’hub principale del Pakistan, i talebani pakistani, che hanno rivendicato l’azione in stile militare, lanciano una sfida alla nazione. L’assalto, iniziato la sera di domenica 8 giugno, ha fatto, secondo un bilancio provvisorio, 28 morti e vede le forze di sicurezza impegnate nel debellare i terroristi armati. Il simbolico gesto ha creato confusione nell’opinione pubblica e nella politica, mentre il governo in carica del Premier Nawaz Sharif aveva fatto del dialogo con i talebani un punto qualificante del suo programma elettorale.

Di fronte a un blitz che scuote una intera nazione, la comunità cattolica di Karachi, circa 200mila anime in una metropoli che conta 16 milioni di abitanti, ha trovato rifugio “in una intensa preghiera per la pace rivolta, in particolare, a Sant’Antonio da Padova”, ha riferito all’agenzia vaticana Fides p. Mario Rodrigues, prete di Karachi. Il “santo dei miracoli” viene chiamato in causa nei giorni che precedono la sua festa, il 13 giugno, mentre i cattolici locali chiedono anche a Papa Francesco di “pregare per la pace in Pakistan”.

L’Arcivescovo di Karachi, Joseph Coutts, che è anche presidente dell’episcopato pakistano, spiega preoccupato a Vatican Insider: “Questi gruppi talebani vogliono imporre una teocrazia islamica, non accettano la democrazia, sostengono che il Pakistan sia ‘terra islamica’. Mentre molti musulmani moderati affermano che l’islam è compatibile col sistema democratico, i talebani, nella loro interpretazione restrittiva, rifiutano la democrazia e perfino il sistema di istruzione”. Già oltre un anno fa Coutts aveva messo in guardia sulla penetrazione talebana a Karachi. La città del Pakistan meridionale, capitale della provincia del Sindh, è nota per essere la città più violenta del paese: vi si incrociano quotidianamente uccisioni e violenze fra gruppi etnici, formazioni terroriste e jihadiste, bande criminali coinvolte nel traffico internazionale di droga e di armi. Gli omicidi – fino a dieci al giorno – non fanno nemmeno più notizia. Una violenza generalizzata attanaglia la metropoli.

Coutts, da due anni pastore del territorio metropolitano, ha per carattere coraggio e tenacia da vendere. I suoi fedeli sono sparsi nel variegato tessuto sociale della città, che ospita popolazioni di etnia, cultura e religione diversa, oltre a lavoratori immigrati, profughi afgani, sfollati interni dalla provincia del Beluchistan, fino alla presenza di gruppi talebani. Un mosaico di tal genere porta con sè tensioni intercomunitarie che, in una nazione al 96% islamica, rischiano di colpire, in particolare, le minoranze religiose come i cristiani. Per questo le Chiese hanno creato speciali gruppi per proteggere le minoranze religiose dalla violenza e dal terrorismo: oggi quindici “Gruppi di protezione” formati da cristiani di diverse confessioni, Pastori, avvocati, medici e altri professionisti, monitorano gli episodi di violenza settaria o gravi atti di discriminazione.

“Nonostante gli attacchi da parte di estremisti musulmani, la gente viene in chiesa con grande fede e speranza”, nota Coutts. Dal 2001, dopo la strage compiuta in una chiesa cattolica nella cittadina di Bahawalpur, in Punjab, le chiese pakistane sono circondate da mura e filo spinato, per ordine del governo, ma “le violenze rafforzano la fede del popolo”. “Per venire incontro alle necessità dei fedeli – racconta Coutts – nell’ultimo anno abbiamo aperto cinque nuove cappelle e una nuova chiesa parrocchiale a Karachi”. Senza dimenticare che nel 2011 a Karachi è stata inaugurata la basilica di san Pietro, la più grande del Pakistan.

In una città dove abbondano popolosi sobborghi, l’approccio del vescovo dà centralità alle periferie: “Nei sobborghi della metropoli, luoghi esposti al degrado sociale, la presenza di ‘preti di frontiera’ e catechisti laici è spesso l’unico appiglio per famiglie povere ed emarginate”. I cristiani in Pakistan, infatti, appartengono spesso alle fasce sociali più deboli, eredità del “sistema delle caste” mutuato dalla vicina India, che era tutt’uno col Pakistan fino alla grande “partizione”, avvenuta solo 60 anni fa. Proprio nelle periferie si gioca l’impegno della Chiesa pakistana che “contribuisce allo sviluppo dell’intero paese, specialmente nel campo dell’istruzione: le scuole cristiane, infatti sono apprezzate e frequentate da ragazzi cristiani e musulmani”, nota il vescovo.

Nel vasto sobborgo di Essa Nagri, nell’est della metropoli, 50mila fedeli in baracche lottano ogni giorno per la sopravvivenza, mentre gruppi estremisti islamici periodicamente seminano terrore, uccidono, rapinano, violentano. Preti e laici visitano le famiglie, offrendo sostegno materiale e spirituale.

Fonte: Pakistan, “gruppi di protezione” tra i cristiani di Karachi – Vatican Insider.

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