Pakistan: per i cristiani detenuti (spesso ingiustamente) discriminazioni anche in carcere

«I cristiani sono discriminati ed emarginati in tutto il Pakistan, ma per quelli in carcere la situazione è insostenibile». È quanto dichiara l’avvocato cattolico Moazzam Aslam Bhatti ad alcuni membri di Aiuto alla Chiesa che Soffre in questi giorni in visita a Faisalabad. 
Bhatti ha studiato in Gran Bretagna e, conseguita la laurea, è tornato immediatamente in Pakistan per sostenere i suoi connazionali: «Anziché accettare convenienti offerte di lavoro all’estero – spiega ad ACS – ho preferito rientrare in patria e fare il possibile per aiutare la mia gente. I nostri fratelli nella fede hanno bisogno di maggiore aiuto e assistenza legale ed io sono orgoglioso di poter contribuire ad alleviare le loro sofferenze in una parte del mondo in cui sono oppressi e lasciati ai margini della società».
I cristiani detenuti nelle carceri pachistane vivono in condizioni inaccettabili e sono discriminati perfino nella distribuzione di viveri, medicine e vestiario. La loro sofferenza è grande e non può essere alleviata dalla preghiera: chi non è musulmano non ha diritto a praticare la propria religione in prigione.
Con padre Iftikhar Moon, responsabile della pastorale carceraria, ed altri religiosi domenicani della diocesi, il giovane avvocato visita regolarmente gli oltre 5mila carcerati di Faisalabad e fornisce gratuitamente assistenza legale. I circa 100 cristiani detenuti – tutti di umile estrazione sociale – sono troppo poveri per permettersela: «Molti sono stati condannati per reati minori e verrebbero immediatamente scarcerati se solo potessero pagare le ammende stabilite dal giudice». Dietro le sbarre, anche tanti bambini costretti a vivere nelle celle in cui sono rinchiuse le madri.
Nella prigione centrale di Faisalabad sono reclusi quasi 100 cristiani, alcuni perché accusati di blasfemia: tra loro, Imran Masih, commerciante di 26 anni, accusato d’aver bruciato delle pagine del Corano; arrestato il primo luglio del 2009, Masih si è sempre dichiarato innocente, ma nel gennaio del 2010, il tribunale lo ha condannato all’ergastolo.
Tale situazione ha una ricaduta drammatica anche sulle famiglie: per questo, Aiuto alla Chiesa che Soffre – da molti anni sostenitrice della Chiesa locale – nel luglio scorso ha stanziato 20mila euro proprio per quelle dei cristiani accusati ingiustamente di blasfemia e vittime di intimidazioni, rapimenti, conversioni e matrimoni forzati. Attraverso il vescovo di Faisalabad, monsignor Joseph Coutts – che da anni collabora con l’Opera – sono stati anche devoluti alla Commissione Nazionale di Giustizia e Pace 10mila euro a sostegno della pastorale.

 

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