Pakistan, Rimsha di nuovo libera | Mondo | www.avvenire.it

Invisibile, dunque perfetta. Rimsha Masih rappresentava – almeno in teoria – il capro espiatorio ideale. Povera, come quasi tutti nel sobborgo di Mehrabadi, donna – in una società dalla marcata cultura patriarcale –, malata – soffre di un grave ritardo mentale –, la 14enne riuniva in sé le caratteristiche del bersaglio fin troppo facile da colpire. Soprattutto quella di appartenere a una minoranza religiosa. Rimsha era ed è cristiana, una comunità da sempre vulnerabile in Pakistan. Punire, accusandola di blasfemia, questa ragazzina fragile era un’occasione ghiotta per alcuni fanatici islamici e arrivisti locali per castigare l’intera collettività. Qualcosa, però, non ha funzionato. L’estrema vulnerabilità di Rimsha è diventata la sua forza quando, grazie alle coraggiose denunce degli attivisti, il caso è rimbalzato sui media di mezzo mondo. E la ragazzina ha smesso di essere invisibile. Tanto da essere oggetto di attenzione da parte delle cancellerie internazionali, dall’Italia agli Stati Uniti. Ora il “gioco al massacro” si è ritorto contro i suoi stessi inventori. Da ieri, non solo Rimsha Masih è libera.

La sua vicenda ha mostrato dentro e fuori al Pakistan gli abusi che, troppo spesso, si nascondono dietro la legge anti-blasfemia. E la campagna per ridurre l’arbitrio con cui viene applicata la normativa – che può portare fino alla condanna a morte – ha acquisito nuovo slancio. Certo, Rimsha e la sua famiglia hanno pagato un prezzo salato. L’adolescente è rimasta per 22 giorni nel carcere di Rawalpindi. Fin quando ieri, dopo una serie sfibrante di rinvii e trabocchetti burocratici, il giudice Muhammad Azam Khan ne ha ordinato il rilascio perché minorenne e disabile. Formalmente l’adolescente è stata liberata su “cauzione”.

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