L’Europa sulla libertà di educazione « fa scuola » , ma solo a metà per l’Italia. Il nostro Paese, infatti, proprio in virtù della legislazione europea che sanziona «gli aiuti di Stato», ha rivisto la normativa circa l’imposta sugli immobili, introducendo l’Imu, tra l’altro, anche per le le scuole paritarie, a meno che « non chiedano solo una retta simbolica o che copra solo una porzione delle spese sostenute per il servizio». Una formulazione che, se non ci sarà una chiarificazione di diverso indirizzo, suona come un sinistro presagio per la sopravvivenza dell’intero sistema scolastico paritario.
Tanta solerzia e attenzione, però, il nostro Paese non le ha mai dimostrate sull’altro versante della libertà di educazione, che in tutta Europa (tranne che in Grecia) è ampiamente garantita anche dal punto di vista economico. Del resto il Parlamento Europeo il 14 marzo 1984 (ventotto anni fa), approvò una Risoluzione sulla libertà di scelta in campo educativo, in cui, dichiarò che questo diritto «implica per sua natura l’obbligo degli Stati membri di rendere possibile l’esercizio di tale diritto anche sotto il profilo finanziario e di accordare alle scuole le sovvenzioni pubbliche necessarie allo svolgimento del loro compito e all’adempimento dei loro obblighi, in condizioni uguali a quelle di cui beneficiano gli istituti corrispondenti, senza discriminazioni nei confronti dei gestori, dei genitori, degli alunni e del personale».
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