Pechino annuncia la fine dei campi di lavoro forzato | Laogai

Nel 2013 la Cina metterà fine ai campi di lavoro forzato, in particolare ai laojiao (”riforma attraverso il lavoro”, a cui spesso sono condannati cristiani, membri della Falun Gong e persone responsabili di piccoli crimini. La notizia per ora non ufficiale, è stata diramata dal South China Morning Post. Secondo il giornale di Hong Kong, oggi in un incontro, Meng Jianzhu, segretario del Comitato per gli affari politici e legali del Partito comunista cinese, ha dichiarato che in questo anno la Cina  fermerà la pratica della “rieducazione attraverso il lavoro”.
Stime non ufficiali affermano che nei laojiao sono internate fra 190 e 2milioni di persone. Il China Daily, giornale statale, dice che vi sono circa 320 campi di lavoro per il laojiao, dove sono rinchiusi 500mila persone, in maggioranza criminali del mondo della droga.
Nei campi di lavoro – organizzate come fattorie o industrie –  i prigionieri hanno orari di lavoro massacranti, fino a 12-15 ore e prendono una minima paga mensile
Se la notizia viene confermata con una decisione ufficiale, essa segnerebbe un cambiamento epocale nel sistema penale cinese. E si avrebbe la liberazione di tanti cristiani, membri di altri gruppi religiosi, dissidenti, che vengono mandati nei campi di lavoro forzato grazie all’arbitrio della polizia o dei governanti locali.
Nei giorni scorsi, alcuni sacerdoti e fedeli dell’Hebei hanno confermato ad AsiaNews la loro speranza di vedere presto i loro vescovi imprigionati in luoghi segreti da decine di anni e di veder tornare i loro sacerdoti, rinchiusi nei laojiao per due o tre anni.
La loro speranza è basata sul varo della riforma del codice penale, che non permette la reclusione oltre i tre mesi senza rendere pubblica un’accusa  e senza avvertire le famiglie dei reclusi. I laojiao, invece, sono un metodo di reclusione comminato dalla polizia in cui non vi è bisogno di accuse o sentenze, che può durare fino a tre anni (prolungabili fino a quattro) e in cui non vi è bisogno di notificare l’arresto e la reclusione alle famiglie degli imputati (o sospetti).

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