Per il cardinale Baldisseri non c’è un solo modello di famiglia – La Nuova Bussola Quotidiana

di Matteo Matzuzzi

I lavori in vista del Sinodo straordinario del prossimo ottobre procedono spediti, a maggio la Segreteria generale dell’organismo preparerà l’instrumentum laboris, il documento che fungerà da traccia nella doppia assise convocata lo scorso autunno dal Papa. A coordinare le operazioni è il neocardinale Lorenzo Baldisseri, già segretario della potente congregazione per i Vescovi ed ex nunzio in Brasile all’epoca in cui il cardinale Jorge Mario Bergoglio presiedeva il comitato incaricato di redigere il Documento finale della Quinta conferenza dell’episcopato latinoamericano di Aparecida. È stato proprio il porporato toscano a fornire qualche dettaglio rilevante sullo stato dei lavori, in un’intervista al mensile Jesus.

È sul concetto di famiglia che si giocherà la partita decisiva. Lo ammette lo stesso Baldisseri quando dice che «la famiglia, o meglio le tante famiglie reali, sembrano sempre più lontane dalla comunità ecclesiale». Su cosa siano le “tante famiglie reali”, il cardinale non si dilunga né fornisce dettagli, ma nel suo ragionamento è implicita la critica al modo con cui la chiesa abbia «puntato tanto sulla famiglia in Italia e in Europa». Un’operazione che non ha dato i frutti sperati, se essa è sempre più lacerata e assediata. Ecco perché, suggerisce Baldisseri, forse è opportuno guardare fuori dai confini europei, anche perché dai risultati del questionario emergono anche tematiche lontane dal contesto del Vecchio continente: poligamia, matrimonio a tappe tipico delle culture africane, ad esempio. Oppure il matrimonio combinato tipico del contesto indiano: «Sono stato in India – dice il segretario generale del Sinodo – e lì la percentuale dei matrimoni combinati è molto alta e i matrimoni funzionano. Qui da noi diamo più importanza all’individuo che alla comunità». Il problema fondamentale, spiega Baldisseri, «è che manca una comunicazione tra chiesa istituzionale e chiesa reale, che è il popolo».

Quanto ai risultati del famoso questionario sulla famiglia inviato lo scorso novembre alle diocesi di tutto il mondo, il cardinale sottolinea che «ha risposto l’82% delle 114 conferenze episcopali, poco più della metà dei capi dei dicasteri romani, e poi le chiese orientali dei diversi riti, i rappresentanti dei religiosi». A questi, precisa ancora il segretario generale del Sinodo, «vanno sommati quanti, singoli e gruppi organizzati, hanno voluto esprimere la loro opinione. Ha partecipato anche qualcuno non legato alla chiesa». In tutto, hanno risposto circa cinquecento persone o gruppi. Dopo aver ricordato che «era stata concordata la riservatezza» circa i risultati dell’indagine – i cui risultati sono invece stati diffusi da diverse conferenze episcopali, da quella tedesca a quella austriaca fino a quella svizzera –, Baldisseri ha rivelato che a una prima lettura dei dati emerge una certezza: «la conoscenza della dottrina cristiana del matrimonio è scarsa. Lo stesso dicasi per il tema dell’apertura alla vita. L’Humanae Vitae di Paolo VI è quasi ignorata, ci si ferma ai no alla contraccezione. La chiesa – sottolinea il porporato – su questi temi ha molto da fare».

Ma è alla domanda successiva che il neocardinale dà la risposta più interessante, ed è quella relativa all’immagine che emerge circa il matrimonio: «Il Sinodo – spiega – dovrà fare i conti con il fatto che famiglia e matrimonio hanno significati molto diversi a seconda del contesto in cui si collocano». È quindi necessario ricordare che benché «noi siamo abituati a considerare l’Occidente», «dobbiamo tenere presenti tutti i continenti» e che «ci sono grandi differenze tra le varie culture. In Africa e Asia la famiglia in alcuni casi ricorda modelli che sessanta-ottanta anni fa erano in Europa».

E se Baldisseri spiega che sono tanti i temi emersi al recente concistoro – compresa la questione del genere e le unioni omosessuali –, ammette anche che il problema che ha suscitato più attenzione nei media è stato quello relativo ai divorziati risposati. Ed è su questo che è tornato a parlare, qualche giorno fa a margine di un evento editoriale, il cardinale Walter Kasper, l’uomo scelto da Francesco per tenere la lunga relazione sulla famiglia in apertura di Concistoro: «È la misericordia la suprema giustizia, e quello dei divorziati risposati è un problema pastorale urgente». E se «non si può abbandonare la dottrina sull’indissolubilità del matrimonio, non è possibile permettere che qualcuno cada in un buco senza uscirne», ha chiarito il presidente emerito del Pontificio consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani.

A decidere, alla fine, sarà il Papa. Spetterà a Francesco tirare le somme del confronto nell’esortazione apostolica che seguirà il Sinodo ordinario del 2015. Fondamentali e non pro-forma saranno le discussioni che si svilupperanno nella doppia assise, come ha chiarito il Papa nella lettera inviata martedì scorso al cardinale Baldisseri: «Avendo anch’io perscrutato i segni dei tempi e nella consapevolezza che per l’esercizio del mio ministero petrino serve, quanto mai, ravvivare ancor di più lo stretto legame con tutti i pastori della chiesa, desidero valorizzare questa preziosa eredità conciliare». A tal proposito – scrive ancora il Papa – «non v’è dubbio che il vescovo di Roma abbia bisogno della presenza dei suoi confratelli vescovi, del loro consiglio e della loro prudenza ed esperienza». Una volontà talmente forte di rafforzare il Sinodo che il Pontefice argentino ha deciso di «conferire il carattere episcopale» al sottosegretario dell’organismo, mons. Fabio Fabene.

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