Perché la Turchia non vuole il monastero cristiano del Tur Abdin?

Il governo di Ankara alla prova del nove sulla tutela dei diritti delle minoranze. Sul Tur Abdin, la Montagna dei servi di Dio (questo il significato del termine) si testano i requisiti della Repubblica turca per la pre-adesione all’Ue previsti dagli accordi di Copenaghen. Il Consiglio europeo tenutosi nel 1993 nella capitale danese ha infatti fissato tra i requisiti per l’accettazione della candidatura di uno Stato all’ingresso nell’Unione europea la presenza di istituzioni stabili che garantiscano, oltre alla democrazia, lo stato di diritto e i diritti dell’uomo, dunque il rispetto e la tutela delle minoranze.

Proprio sul Tur Abdin infatti si sono fissati in questi giorni gli occhi della comunità internazionale in seguito alla discussa sentenza della Corte suprema d’appello di Ankara, l’ultimo grado della giustizia turca, che accogliendo la denuncia sporta anni fa da tre villaggi musulmani curdi della tribù Celebi, ha messo in discussione la proprietà del suolo su cui sorge Mor Gabriel, il monastero cristiano più antico del mondo, da secoli cuore pulsante della comunità ortodossa siriaca e dove vivono ancora oggi, insieme con il Metropolita Mor Timotheus Samuel Aktash, tre monaci, undici suore e trentacinque ragazzi cui vengono trasmessi i tesori intangibili del monastero: l’antica lingua aramaica (la lingua di Gesù) e la tradizione ortodossa siriaca

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