Pillola ed equivoci

Il comunicato di Treviri della Conferenza episcopale tedesca sulla «contraccezione di emergenza» ha suscitato un vivace interesse non solo in Germania – a Colonia è accaduto il fatto che ha reso pastoralmente necessario e pubblicamente urgente l’intervento dei vescovi –, ma anche in Europa e negli Stati Uniti, dove l’acceso dibattito medico, etico e politico sul tema è ancora aperto. La complessità endocrinologica, clinico-farmacologica, psicologica, morale e sociale della questione (con cui molti non sono familiari), unitamente a una libera traduzione in diverse lingue di parti del testo e a una loro affrettata lettura, hanno generato l’impressione di uno strappo con alcuni documenti del recente Magistero cattolico e attribuito alla dichiarazione una valenza più ampia rispetto al giudizio su un atto particolare.

A ben leggere il testo e il contesto, così non appare. In realtà, non si tratta dell’uso contraccettivo ordinario di alcune “pillole”, una prescrizione e modalità d’impiego del farmaco che impedisce preventivamente (prima del coito) il concepimento sopprimendo l’ovulazione, azione per la quale il giudizio morale è stato definito da Paolo VI nella Humanae vitae e confermato dal magistero successivo. Non è neppure in gioco l’aborto indotto precocemente (nelle prime settimane di sviluppo dell’embrione) attraverso molecole ad azione antiprogestinica, come il mifepristone (Ru486), o antimetabolica, come il metotrexate, una pratica alternativa all’intervento chirurgico, di recente introduzione, cui si applica l’antica e sempre valida dottrina sull’aborto diretto, comunque procurato.

I vescovi tedeschi si riferiscono esclusivamente alla fattispecie delittuosa di una violenza sessuale subìta da una donna in età fertile, in conseguenza della quale potrebbe avvenire un concepimento che la donna stessa rifiuta decisamente in quanto non è il frutto di un libero atto d’amore coniugale. A fronte di questo caso specifico – verificatosi in Renania-Vestfalia nel dicembre scorso, quando una dottoressa del servizio pubblico di emergenza, intervenuta sul posto per una ragazza stuprata, si era vista rifiutare da due ospedali cattolici la presa in carico della paziente per il trattamento medico richiesto –, il comunicato episcopale ribadisce anzitutto che «negli ospedali cattolici le donne che sono state vittime di violenze sessuali» devono ricevere «supporto umano, medico, psicologico e pastorale».

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