Pioggia di bugie sulla legge 40 | Commenti | www.avvenire.it

Norme salde, nonostante i racconti mediatici

Una pioggia di bugie ci ha investito dopo che la legge 40 sulla fecondazione assistita è tornata agli onori della cronaca con il pronunciamento arrivato la scorsa settimana da una sezione della Corte europea dei diritti dell’uomo. Tralasciando la vecchia, noiosa e falsa accusa di essere “cattolica” (la dottrina cattolica non consente la fecondazione in vitro, punto e basta), abbiamo letto che la 40 sarebbe stata «bocciata 17 volte in 8 anni», «smantellata», «ridotta a brandelli» dai tribunali italiani, e che avrebbe prodotto tanti guasti, meno bambini nati e più gravidanze a rischio e chi più ne ha più ne metta, in un crescendo di ignoranza (forse) e malafede (certamente) che ha prodotto, a essere buoni, una marea di parole in libertà. In realtà la legge 40 nella sua ratio nonostante gli attacchi furiosi –- non solo ideologici, ma anche per forti interessi economici – è rimasta esattamente così come è stata approvata dal Parlamento, nel 2004, e confermata dal referendum dell’anno successivo, clamorosamente perso dai suoi detrattori.

La sola modifica è quella del 2009 della Corte Costituzionale, con cui si è eliminato il limite massimo dei tre embrioni da trasferire in un unico e contemporaneo impianto, ma l’orientamento della legge è rimasto immutato. I giudici costituzionali, cioè, non hanno indicato una cifra migliore, differente (uno, due o quattro) ma hanno detto che quel numero va stabilito caso per caso dal medico, fermi restando tutti gli altri criteri: gli embrioni formati sono solo quelli «strettamente necessari» alla procreazione, non possono essere distrutti né selezionati, resta il divieto all’eterologa. Sono rimaste insomma tutte le tutele che hanno impedito che il nostro Paese divenisse mèta di chi fa commercio di liquido seminale, ovociti ed embrioni e di chi lucra sulle maternità surrogate (utero in affitto).

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