Politeismo, la sfida ritorna

Tra Bibbia e Mesopotamia lo scarto culturale riguarda la frammentazione o l’unitarietà del divino: “Per gli antichi di Babilonia Dio era divisibile, e quindi controllabile. Per la Scrittura Dio è imprevedibile”. E così anche noi moderni siamo un po’ figli della grande cultura mesopotamica, che tende a rendere scomponibile la realtà. A condurci nei meandri di questa analisi sul filo della storia è uno dei più importanti archeologi viventi, Giorgio Buccellati, docente emerito di Storia dell’Antico Oriente all’University of California, dove nel nel 1973 ha dato vita all’Istituto di Archeologia, di cui è stato il primo direttore fino al 1983. Ha inoltre diretto l’Istituto Internazionale per la Mesopotamia e l’Alta Siria. Buccellati interverrà al Meeting di Rimini martedì 21 agosto (ore 11.15, sala Neri) con una conferenza dal titolo “È veramente positiva la realtà? Dai popoli della Mesopotamia al popolo della Bibbia”.

Professor Buccellati, il suo ultimo saggio in uscita a fine agosto per Jaca Book (“Quando in alto i cieli…”), parla esplicitamente del “contrasto” tra “la spiritualità mesopotamica e quella biblica”. In cosa consiste questa differenza?
«Il confronto tra il mondo della Bibbia e quello dell’Antico Oriente è sempre stato fatto in maniera aneddotica, ad esempio su vicende particolari come la questione della creazione o del diluvio. Invece io cerco di confrontare i due sistemi sotto ogni punto di vista, dalla concezione del divino (l’alternativa Dio/dei) alle pratiche rituali. I parallelismi (vedi la vicenda di Noè) tra i due sistemi di pensiero sono solo formali e superficiali. Il mio studio invece riguarda la struttura del pensiero, andando alla radice di questa differente concezione religiosa, che è in fin dei conti la spiritualità. Anche in Mesopotamia infatti l’uomo si rapportava con l’Assoluto in maniera profonda e non bisogna pensare a quella civiltà come superficiale».

Ma qual è dunque il cuore di questo contrasto che distingue Babilonia da Gerusalemme?
«È proprio la chiave di volta tra i due sistemi. In Mesopotamia, dove è nato il primo sistema di pensiero a noi noto così ampio, rintracciamo la tendenza a bloccare e frammentare l’assoluto, riducendolo a parti specifiche. Gli dei rappresentano queste unità singole: c’è il dio dell’amore, della forza, della ricchezza, divinità che non hanno personalità ma si riferiscono a specifici aspetti dell’assoluto. Invece il Dio biblico non è mai frammentabile. In tutta la Bibbia, lungo l’intero percorso della Scrittura, pur così ampio e diversificato, esiste una notevole e precisa coerenza su questo. C’è davvero una grande coerenza di un Dio che non è mai frammentabile, al di là della nostra capacità di analizzare».

Lei ha accomunato noi moderni ai politeisti dell’antica Mesopotamia. Cosa ci avvicina alle civiltà oggetto dei suoi studi?

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