Quando i bolscevichi provarono a occupare l’Europa (Seconda parte) | ZENIT – Il mondo visto da Roma

Il 15 agosto 1920, “il miracolo della Vistola”, la battaglia di Varsavia che salvò l’Europa dal comunismo.

Roma, (Zenit.org) Wlodzimierz Redzioch

In quei mesi terribili con i bolscevichi a pochi chilometri da Varsavia un ruolo importantissimo svolse mons. Achille Ratti, il primo nunzio apostolico nella rinata Polonia. Il Nunzio vaticano fu l’unico diplomatico che nell’agosto del 1920 non lasciò la capitale, mentre tutto il corpo fuggiva spaventato. Mons. Ratti partecipava alle preghiere organizzate durante la battaglia sulla Vistola. Fece anche una gesto molto coraggioso e simbolico che sollevò la morale dei combattenti: si recò a Radzymin sulla linea di fronte ancora durante la battaglia per far sentire la sua vicinanza ai soldati. Il futuro Papa Pio XI sapeva bene quale era la vera posta in gioco della guerra dicendo che “un angelo delle tenebre conduceva una gigantesca battaglia con l’angelo della luce”: per il Papa Ratti la Polonia sarebbe sempre rimasta “antemurale dell’Europa e del cristianesimo”.

Gli avvertimenti della Chiesa furono decisivi per mobilitare la gente in difesa della Patria. Non dobbiamo dimenticare che in quello scorcio del XX secolo non esisteva ancora nè la radio nè la televisione.Per ordine del cardinale Kakowski, arcivescovo di Varsavia, gli appelli delle autorità polacche vennero letti in tutte le chiese del Paese. E grazie a questi appelli la gente si arruolò massicciamente nell’esercito. Chi non poteva combattere, rimase a casa a pregare perché era grande la paura dell’occupazione dei bolscevichi. Il terrore era alimentato anche dalle notizie delle crudeltà commesse nelle zone già occupate. I sacerdoti stavano a fianco dei soldati polacchi. Alla storia è passato soprattutto uno di loro, padre Ignacy Skorupka, cappellano del 236° reggimento della fanteria composto dai volontari.

Padre Skorupka partecipò alla battaglia di Varsavia vestito sempre con la sottana di religioso. Il suo reggimento combatteva vicino la località Wołomin e subì importanti perdite. In un certo momento il cappellano si rese conto che era rimasto l’unico ufficiale in vita e che doveva prendere sulle sue spalle la responsabilità dei 250 soldati: con la croce in mano come unica arma guidò i giovani volontari al contrattacco sulle linee nemiche e morì.

La massiccia campagna di preghiere della Chiesa intera veniva derisa dagli ambienti socialisti e comunisti in Occidente. Il giornale socialista “Avanti” così derideva l’iniziativa del Pontefice: ”Il Papa fa assegnamento sull’intercessione della Madonna. (…) Sta fresco il Romano Pontefice se crede nell’efficacia della Vergine! Tre milioni di soldati indossano la divisa russa. (…) Questi soldati e i loro cannoni varranno assai più che non tutti i Rosari del mondo. Fra giorni ne avremo la prova”. Ma la realtà smentì le sprezzanti parole dei socialisti italiani.

Non si può parlare della battaglia di Varsavia senza menzionare gli eroici combattenti polacchi e il principale artefice della vittoria, il maresciallo Jozef Piłsudski. Questo grande statista polacco – probabilmente il più grande nella storia della Polonia degli inizi del XX secolo – conosceva bene sia l’Occidente, sia la Russia (parlava francese, inglese, tedesco, latino e anche russo) e si rendeva conto del pericolo mortale che per l’Europa era il comunismo. Dall’altro lato era consapevole che l’Europa non si sarebbe mossa per difendersi contro questo pericolo e non avrebbe concesso aiuti alla Polonia.

Il maresciallo Jozef Piłsudski era cosciente che difendendo la Polonia avrebbe difeso la civiltà europea che correva un gravissimo rischio. Il capo del giovane esercito polacco si trovava in una situazione difficilissima: davanti alla avanzata dei russi, il suo esercito non reggeva lo scontro e si ritirava lungo un fronte di 500 chilometri. I suoi consiglieri gli suggerivano di organizzare la linea di difesa lungo la Vistola intorno a Varsavia per salvare ad ogni costo la capitale. Ma il maresciallo si rendeva conto che per fermare quasi due milioni di soldati bolscevichi ci volevano tantissime truppe che lui non aveva a disposizione. Nella notte tra il 5 e 6 agosto si inventò un altro piano, tanto rischioso quanto geniale perché non previsto dai comandanti russi. Dai resti dell’esercito ricavò 6 divisioni che attaccarono il fianco scoperto dell’Armata bolscevica al sud di Varsavia. Per fare questa manovra privò la capitale della difesa, ma la manovra riuscì pienamente: i soldati russi sorpresi completamente da questo audace attacco, cominciarono a perdere terreno e furono sconfitti, prima di potersi riorganizzare.

In seguito alla notizia dello scampato pericolo comunista Benedetto XV si rivolse al cardinale Aleksander Kakowski, arcivescovo di Varsavia, al cardinale Edmund Dalbor, primate della Polonia ed altri vescovi polacchi, con una nuova lettera intitolata “Cum de Poloniae” datata 8 settembre 1920, in cui affermò il carattere provvidenziale della vittoria polacca.

Il Pontefice scrisse: “Quando eravamo ancora preoccupati e in apprensione per la situazione della Polonia, abbiamo appreso con grande gioia la notizia delle brillanti azioni svoltesi costà, in forza delle quali è felicemente mutata all’improvviso la condizione della vostra patria, e tanto più Ce ne rallegriamo in quanto — ammirando in ciò tangibilmente manifesto l’intervento di Dio — riteniamo che tale aiuto sia da attribuire anche alle preghiere che avevamo comandato fossero levate a Lui da tutto il mondo cattolico a favore della Polonia”.

Nella sua Lettera il Pontefice non mancò di ricordare quale era la posta in gioco: “Tale beneficio del soccorrevole Iddio giovò mirabilmente non solo alla vostra gente, ma anche agli altri popoli; chi ignora infatti che a nessun altro scopo ultimo mirava il cieco furore bellico dei nemici se non alla distruzione della nazione polacca, baluardo dell’Europa, e insieme del nome e della civiltà cristiana attraverso la martellante propaganda di scellerate dottrine?”

Quando Achille Ratti divenne papa volle costruire nel Palazzo Apostolico di Castel Gandolfo una nuova Cappella privata e vi fece collocare la riproduzione del quadro della Madonna di Czestochowa: le pareti laterali furono invece affrescate dal pittore polacco Jan Henryk Rosen di Leopoli, il quale dipinse due fatti della storia della Polonia: da una parte la difesa del monastero di Jasna Gora di Czestochowa nel 1655 contro gli svedesi e dall’altra la battaglia di Varsavia – “il miracolo della Vistola” appunto – con il valoroso p. Skorupka che con la croce in mano guida i soldati all’attacco. Questo omaggio del Papa Ratti ai difensori di Varsavia ci ricorda che tutti siamo loro debitori e che non dobbiamo dimenticarlo.

Fonte: Quando i bolscevichi provarono a occupare l’Europa (Seconda parte) | ZENIT – Il mondo visto da Roma.

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