Quei cristiani schiacciati dalla guerra israelo-palestinese – Gli occhi della guerra

 

I cristiani della piccola comunità di Gaza hanno ricevuto parte dei permessi. Alcuni potranno recarsi a Gerusalemme per la Pasqua

Padre Mario Da Silva, parroco dei cristiani gazawi, aveva segnalato la questione alla Sir. Adesso l’obiettivo è in parte raggiunto, ma l’escalation  vissuta a Gaza in questi giorni suggerisce di utilizzare una prudenza massima per qualunque spostamento. “Stiamo bene – ha detto sempre Da Silva alla Sir – ma seguiamo con trepidazione quanto accade. La tensione era palpabile e ieri è scoppiata con la tragedia cui abbiamo assistito. Gli scontri si sono registrati al confine e dunque lontano dal centro dove siamo noi, nel quartiere orientale di Al-Zeitoun, a Gaza”. Il sacerdote si è riferito chiaramente a quanto accaduto durante la “marcia del ritorno”.

Sedici palestinesi sono morti durante gli scontri di ieri. Migliaia, invece, sarebbero le persone ferite. Hamas aveva invitato le famiglie a marciare nell’anniversario del giorno in cui le terre vennero confiscate da Israele. La manifestazione, però, ha avuto un esito drammatico. Per gli israeliani i manifestanti hanno utilizzato bombe incendiarie e sassi contro l’esercito schierato al confine e civili come “scudi umani”. Hamas ha parlato di “omicidi premeditati”. La protesta pubblica potrebbe essere solo all’inizio e la tensione pare destinata a salire. Mentre nuovi venti di guerra sembrano spirare in quella parte di mondo, si avvicina la ricorrenza della Naqba, quello che i palestinesi chiamano “il giorno della catastrofe”: un’altra giornata ad alto rischio scontri. Prima, però, è il turno delle festività di Pesach: la Pasqua ebraica.

I palestinesi hanno chiamato in causa la commissione inchiesta dell’Onu, ma hanno anche affermato la non sufficienza dell’avvio di un’indagine internazionale. “La verità – ha detto il segretario generale dell’Olp all’Huffington Post  – è che soldati israeliani hanno aperto il fuoco contro migliaia di civili che protestavano pacificamente. Sel a comunità internazionale non vuole essere di nuovo complice di una simile pratica – ha continuato Erekat –  ha solo una strada da seguire: dislocare una forza di interposizione e porre fine all’assedio di Gaza”.

Hamas, dal canto suo, sarebbe intenzionata a inasprire il clima ancor di più. Una posizione sempre più minoritaria e le scarse risorse finanziarie a disposizione costituirebbero le motivazioni alla base di questa strategia. E i palestinesi starebbero in qualche modo sperando che l’Europa assuma la funzione di contraltare diplomatico di Donal Trump.

Il presidente degli Stati Uniti, specie dal distacco operato nei confronti dell’Alt-Right con la cacciata di Steve Bannon in poi, ha rafforzato la sua posizione filo-israeliana. I critici del Tycoon sostengono che questo ulteriore avvicinamento sia avvenuto a causa del Russiagate. Trump avrebbe in qualche modo bisogno di un partner diplomatico in grado di oscurare la sua presunta vicinanza a Vladimir Putin. La linea rappresentata del genero Jared Kushner, come si dice ormai da tempo, ha prevalso rispetto a quella di chi vorrebbe gli States al di sopra e al di fuori dei conflitti in Medio Oriente. Il riconoscimento unilaterale di Gerusalemme come capitale d’Israele è un atto emblematico in grado di spiegare perché i palestinesi ripongano le proprie speranze nella diplomazia europea per il riconoscimento definitivo del loro stato.

In mezzo a tutto questo c’è anche la piccola comunità dei cristiani latini di Gaza. Nonostante gli “scontri” avvenuti durante la “marcia del ritorno”, i fedeli si sono radunati in massa per rievocare la passione di Gesù. ” C’era moltissima gente – ha detto padre Da Silva – di più degli anni scorsi. Un afflusso dovuto ai permessi negati ai cristiani da parte di Israele. Tuttavia –  ha specificato alla Sir – nella giornata di ieri è giunta la notizia che Israele avrebbe concesso circa 300 permessi. Ci prepariamo adesso a celebrare la Pasqua, anche se faremo tutto all’interno della chiesa. Continuate in questa Pasqua a pregare per noi”. Permessi o no, insomma, domani sarà festa anche nella striscia di terra che separa l’area rivendicata dai palestinesi dallo stato d’Israele e dall’Egitto. Tutto attorno a Gaza sembra parlare di nuovo di guerra. Domani i pochi cristiani presnti proveranno a muoversi di casa per pregare per la pace.

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