Quella scelta di non pubblicare le immagini delle decapitazioni| Virgolettato

Di Michelangelo Nasca  6 settembre 2014

Lo Stato Islamico (Is) vuole provocare un attacco occidentale! Ne è sufficientemente convinto lo studioso Massimo Introvigne, fondatore e direttore del Centro Studi sulle Nuove Religioni (CESNUR), che ai microfoni di Radio Vaticana, a proposito dei video shock della decapitazione del secondo ostaggio americano (ucciso nell’arco di due settimane dagli jihadisti) precisa: “Questi video vogliono precisamente indurre gli occidentali a condurre degli attacchi contro l’Is. Uno potrebbe dire: ma l’Is è dissennato! Nessuno vuole essere attaccato dagli Stati Uniti o dall’Europa! Ma l’Is ha una sua narrativa. Il califfo Ibrahim si presenta come il primo califfo legittimo dell’islam sunnita dopo l’abolizione del califfato nel 1924; anche il titolo della sua rivista – «Dabiq» – fa riferimento a un detto del Profeta, secondo cui a Dabiq, che è una piccola città della Siria, ci sarà uno scontro finale, apocalittico tra i musulmani e i cristiani, gli occidentali. Tutta la retorica apocalittica del califfo suona più o meno così: «Musulmani, dovete essere uniti» – sunniti, intende sempre, lui – «intorno a me che sono il califfo, perché io vi guiderò nello scontro finale previsto dalla nostra religione» – che ha previsto anche la vittoria – «contro gli occidentali crociati, i cristiani»”.

Non è giusto diffondere in tv il video delle decapitazioni degli ostaggi in mano all’Isis – afferma, inoltre, il direttore delle testate giornalistiche di Tv2000 e Radio InBlu, Lucio Brunelli – “per un evidente senso di umanità, di pudore e pietà nei confronti delle vittime e dei loro familiari”. In secondo luogo, “per non fare il gioco dei tagliagole che puntano proprio all’effetto mediatico delle loro barbare azioni per intimorire e per accreditarsi all’interno delle galassia dei gruppi fondamentalisti” (Sir). Le motivazioni evidenziate da Brunelli possono sembrare un dettaglio di poco conto nel contesto multimediale del nostro tempo, dove l’ausilio delle immagini (anche quelle più feroci) è considerato indispensabile e fondamentale per raccontare tutto della vita degli uomini. Mettere un limite alla spettacolarizzazione della sofferenza umana – soprattutto a quelle immagini che da un mese a questa parte circolano sul Web e che ritraggono decapitazioni, crocifissioni, lapidazioni e ogni sorta di violenza eseguita in pubblico dai terroristi – è una scelta editoriale coraggiosa e rispettosa della dignità umana.

Peraltro – afferma mons. Emil Shimoun Nona, arcivescovo caldeo di Mosul, nel nord dell’Iraq, commentando l’esecuzione del giornalista americano Steven Sotloff – le decapitazioni e la diffusione in Rete delle immagini sono “indice della modalità di agire” dei miliziani ma, al contempo, un segnale della “paura” e della “debolezza” di fronte agli attacchi aerei e ai bombardamenti statunitensi, che ne hanno bloccato l’avanzata. “Questi gesti brutali – continua l’Arcivescovo su AsiaNews – non sono minacce, ma il modus operandi sul campo: quando controllano un pezzo di terra, o le persone sottomesse diventano come loro, la pensano come loro, professano la stessa fede e ne abbracciano la visione estrema, oppure li uccidono o li cacciano via. (…) Questi filmati sono anche un mezzo di propaganda, in un’ottica di scontro con l’America”.

Non dobbiamo dimenticare – come ricordato da Papa Francesco – che la comunicazione è, in definitiva, una conquista più umana che tecnologica. “Non sono le strategie comunicative – prosegue il Pontefice – a garantire la bellezza, la bontà e la verità della comunicazione. Anche il mondo dei media non può essere alieno dalla cura per l’umanità, ed è chiamato ad esprimere tenerezza. (…) La rete digitale può essere un luogo ricco di umanità, non una rete di fili ma di persone umane”.

Scritto per Vatican Insider

Fonte: Quella scelta di non pubblicare le immagini delle decapitazioni.

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