Reazione a catena: controindicazioni della “legge anti-omofobia” – di Guido Scatizzi | Riscossa Cristiana

ADERIAMO ALL’APPELLO PER FERMARE LA PROPOSTA DI LEGGE CONTRO L’OMOFOBIA

Ormai da qualche tempo, in Italia, si è strutturata una discussione parlamentare sul tema della tutela delle persone omosessuali, culminata lo scorso marzo con la formulazione bipartisan della c.d. “legge anti-omofobia”. Per poter meglio comprendere il contenuto di tale proposta legislativa, è bene riportarne il testo per intero:

Disposizioni in materia di contrasto dell’omofobia e della transfobia.

Art. 1.

1. All’articolo 3, della legge 13 ottobre 1975, n. 654, e successive modificazioni sono apportate le seguenti modifiche:

  1. al comma 1, alle lettere a) e b) [Salvo che il fatto costituisca più grave reato, anche ai fini dell’attuazione della disposizione dell’articolo 4 della convenzione, è punito a) con la reclusione fino ad un anno e sei mesi o con la multa fino a 6.000 euro chi propaganda idee fondate sulla superiorità o sull’odio razziale o etnico, ovvero istiga a commettere o commette atti di discriminazione per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi; b) con la reclusione da sei mesi a quattro anni chi, in qualsiasi modo, istiga a commettere o commette violenza o atti di provocazione alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi] sono aggiunte le seguenti parole: “o fondati sull’omofobia o transfobia”;
  2. al comma 3, primo periodo [È vietata ogni organizzazione, associazione, movimento o gruppo avente tra i propri scopi l’incitamento alla discriminazione o alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi], dopo le parole “o religiosi” sono aggiunte le seguenti parole “ o fondati sull’omofobia o transfobia”.

2. Al Titolo del decreto legge 26 aprile 1993, n. 122, convertito con modificazioni della legge 25 giugno 1993, n. 205 [Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 26 aprile 1993, n. 122, recante misure urgenti in materia di discriminazione razziale, etnica e religiosa], dopo le parole “e religiosa” sono aggiunte le seguenti: “ovvero fondata sull’omofobia o transfobia”.

3. Alla rubrica dell’articolo 1, del decreto legge 26 aprile 1993, n. 122, convertito con modificazioni della legge 25 giugno 1993, n. 205 [Salvo che il fatto costituisca più grave reato, anche ai fini dell’attuazione della disposizione dell’articolo 4 della convenzione, è punito: A) con la reclusione sino a tre anni chi diffonde in qualsiasi modo idee fondate sulla superiorità o sull’odio razziale o etnico, ovvero incita a commettere o commette atti di discriminazione per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi; B) con la reclusione da sei mesi a quattro anni chi, in qualsiasi modo incita a commettere o commette violenza o atti di provocazione alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi], dopo le parole “o religiosi” sono aggiunte le seguenti: “ovvero fondati sull’omofobia o transfobia”.

(Le sottolineature e i grassetti sono nda)

Una volta letto il dispositivo di legge (peraltro recentemente approvato dalla Camera dei deputati, con l’aggiunta di un ambiguo quanto subdolo emendamento, c.d. “salva-vescovi”) è opportuno concentrarsi su due espressioni chiave: istiga a commettere e incitamento alla discriminazione. Ora, dato che l’interpretazione è un passaggio obbligato per giungere al momento applicativo della legge, credo sia chiaro, anche al più scevro di studi giurisprudenziali, quanto i termini sopra citati siano se non ambigui almeno fortemente suscettibili di interpretazioni assai divergenti. Il punto è che in questo caso un’interpretazione più rigida, che ad esempio consideri “istigazione” la frase gli-omosessuali-sono-contro-natura o consideri “incitamento alla discriminazione” la convinzione non-è-giusto-parificare-giuridicamente-la-situazione-delle-coppie-omosessuali-alla-situazione-delle-coppie-eterosessuali, può portare un libero cittadino, garantito costituzionalmente (art. 21 Cost.) dalla libertà di pensiero, a stare al fresco per diverso tempo!

Ciò premesso, una prima riflessione conviene condurla sull’opportunità per lo Stato italiano di creare una categoria giuridica particolare di persone, gli omosessuali, da rendere destinataria di speciali tutele, che però intacchino notevolmente la sfera della libertà di espressione degli altri consociati. A parer mio è quanto meno rischioso, tanto più se il dato (ossia l’orientamento sessuale di una persona) la cui discriminazione potrebbe configurare l’aggravante di un reato o un reato stesso non è sempre ben identificabile, non essendo un dato fisico sensibile. Mi spiego. Si verifica un’accesa lite calcistica, prima volano reciproche offese, poi si arriva agli schiaffi. Uno dei malcapitati dice, in seguito, di essere omosessuale e di esser stato apostrofato dagli avversari con termini irrispettosi del proprio orientamento sessuale. Siamo davanti a una discriminazione o al semplice, quanto spiacevole, precipitare di una rissa calcistica in qualche ceffone? E se di rissa si è trattato, può essere aggravante per alcuni il fatto che nell’altro gruppo vi fosse a loro insaputa un’omosessuale? Vediamo che la questione è assai poco chiara, dunque anche facilmente travisabile. E mentre di una persona di colore o di una donna è più direttamente riconoscibile la presenza o meno di una discriminazione, così non è per gli omosessuali. Ergo è giusto, e proprio di uno Stato di diritto, che questo si azzardi a introdurre una disciplina così disparatamente interpretabile e fortemente manipolabile? Come non si spinge a tutelare tutti i Rosso Malpelo così è prudente che non corra un tale rischio per gli omosessuali.

Una seconda riflessione, chiedendo al lettore un supplemento di realistica lungimiranza, vorrei indirizzarla sul seguito legislativo, per così dire naturale, di una siffatta disciplina. Abbiamo a portata di mano, perché avvenuto in un recente passato, lo scenario francese, ma gli esempi del tipo potrebbero essere plurimi. L’Assemblée nationale ha dapprima approvato una legge riguardante l’omofobia affine alla nostra, successivamente ha licenziato un testo omnicomprensivo in materia di matrimonî omosessuali e adozioni da parte di coppie dello stesso sesso. L’immediatezza dei passaggi e il collegamento a catena tra legge sull’omofobia, legge sui matrimonî omosessuali e relative adozioni, oltre a causare sconcerto per le repentina perdita di identità nazionale e per il fulmineo mutamento sociale e culturale in Francia, sembrano essere prassi accertate se non quasi doverose. Per acclarare la devastazione a livello personale e morale dei cittadini che può risultare da un iter del genere, è necessario riportare in breve una storia, realmente verificatasi oltralpe: una coppia di lesbiche, residenti in Normandia, decise di andare a convivere; in seguito, una delle due chiese ad un caro amico di essere ingravidata, a patto che egli non riconoscesse la paternità del figlio che sarebbe nato; cosicché lei avrebbe potuto crescerlo in pace con la sua compagna. Il tale acconsentì, e così avvenne. Quando la creatura aveva un anno, il padre biologico, rinsavito dall’errore commesso, decise di riconoscere la paternità del bimbo. Alla notizia, le conviventi lesbiche s’infuriarono, scappando a Lione per impedire all’uomo anche di vedere casualmente o saltuariamente il figlio naturale. Intervenuta le legge omnicomprensiva citata, l’altra componente la coppia omosessuale ha regolarmente adottato il bambino: ora un legittimo padre che vuole educare e crescere il proprio figlio non può più farlo, neanche secondo la legge.

Questa drammatica realtà (riportata a fine estate da noti settimanali), diranno i più convinti assertori del pacchetto sopra menzionato, non è altro che un caso limite, quasi fosse un errore tra le pieghe della legislazione: ebbene così non è. E se questa è la sfaccettatura casistica più nera, nessuno di noi può immaginare quante e quali sfaccettature di grigio, più o meno scuro, potrebbero esistere.

            È sempre spiacevole e doloroso notare come, ormai da lungo tempo, a pagare le conseguenze di legislatori suicidi e ciechi siano i più deboli: dall’aborto alle adozioni per le coppie omossessuali non è difficile notare un fil rouge, che ci fa presente come talvolta sia per primo lo Stato a tirarsi la mannaia sulle gambe, su coloro che potrebbero e dovrebbero portarlo a camminare nel futuro!

            Degna compare di questo bendato fautore di leggi è la stampa, nazionale e internazionale. Per ragioni di sintesi e di maggior chiarezza, sono presentati solo alcuni titoli e copertine, che a parer di chi scrive possono ben rappresentare la situazione generale diffusa.

Omofobia 3Il quotidiano da cui è tratto lo stralcio di titolo evidenziato nell’immagine è il Corriere della Sera (nella versione online, corriere.it). Anche nel più “terzo” e moderato dei giornali, la frase di Alain Delon (Credo-che-l ’-omosessualità-sia-da-considerarsi-contro-natura, nda) è riportata come frase choc. Quando l’ormai attempato divo francese non ha che espresso una considerazione, condivisibile o meno, su cosa egli intende per naturale e non naturale; nella sua intervista non fa un minimo accenno, infatti, a discriminazione o violenza (ci mancherebbe!), espone soltanto il suo legittimo punto di vista.

            Nel coro di coloro che gridano (o meglio sbraitano) all’emergenza Omofobia 4omofobia, non poteva mancare il faziosissimo L’Espresso, che nella calda estate ha dato alle stampe la presente copertina, con in background il vessillo LGBT (Lesbiche, Gay, Bisessuali e Transgender) in via di scioglimento e in primo piano la scritta allarmista e accusatoria “L’Italia antigay”. Ma il trafiletto è la vera chicca “[…] Inchiesta dell’Espresso sull’emergenza omofobia che sempre più colpisce giovani e anziani.”, quasi vi fosse una malattia contagiosa e nociva che colpisce grandi e piccini (la solita presunta superiorità morale di una certa cultura… trinariciuta).

            Famiglia Cristiana si è invece prodigata a dedicare un’intera copertina al Omofobia 2nuovo sindaco di Roma, Ignazio Marino, il quale si è sempre distinto, nell’agone politico come nel suo partito,  per il sostegno alla battaglia  dei cosiddetti “diritti civili” (che di civile hanno ben poco): coppie di fatto, matrimonî e adozioni omosex et similia. Il fondatore del settimanale paolino, il beato Giacomo Alberione, diceva: “Famiglia Cristiana non dovrà parlare di religione cristiana ma di tutto cristianamente”, qui il problema è proprio quel “…cristianamente”.

Infine, chiudendo questa infelice carrellata, apriamoci ad una visione internazionale: la copertina del TIME di non molto tempo fa pubblicizzava questo innovativo stile di vita: “La vita libera-dai-bambini: quando avere tutto significa non avere figli”, che non è la storia di coppie che non possono avere figli, ma un vero e proprio manifesto di Omofobia 1vita, scelto ad hoc per , appunto come recita questa raccapricciante copertina, “avere tutto”. Se le creature sono considerate alla stregua di oggetti o animali domestici, che possono appesantire la coppia, incrinare i rapporti coniugali etc. non vi è certo da stupirsi se gli s’indirizzano provvedimenti che accontentano chi più rumoreggia o bercia, ma non certo loro, che non hanno voce e capacità razionale per difendersi da soli.

Avendo cercato di definire un quadro, per il momento, coerente e chiaro sulla materia e avendo segnalato chi e in che modo tenta di raggirare la nostra intelligenza, etichettandoci “retrogradi” o “conservatori”, non resta che invitare tutti a leggere il primo comma dell’articolo 29 della Costituzione Italiana (La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio.) e a meditare attentamente sul preciso significato di quell’azzeccatissimo aggettivo: naturale.

Fonte: Reazione a catena: controindicazioni della “legge anti-omofobia” – di Guido Scatizzi | Riscossa Cristiana.

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