Repubblica Centrafricana, verso lo Stato Islamico? – Vatican Insider

Monsignor Aguirre

La denuncia del vescovo di Bangassou, Juan José Aguirre: le milizie Seleka hanno cancellato la memoria storica del Paese

Davide Demichelis
Roma

“La distruzione degli archivi comunali, dei Tribunali e delle parrocchie è stata pianificata a tavolino: le milizie Seleka puntano a cancellare la memoria storica della Repubblica Centrafricana per farla diventare uno Stato islamico”. Juan José Aguirre ha passato più di metà della sua vita in Centrafrica. Ha 59 anni, è in Africa da 35. Oggi è il vescovo di Bangassou, una delle città più importanti del Paese: “Ho visto tante rivolte politiche, ma noi missionari stiamo sempre qui, con i più poveri”.

 
Un anno fa una coalizione di cinque gruppi di ribelli, riuniti nella formazione Seleka, ha iniziato la marcia verso la capitale, Bangui. Il 24 marzo scorso il presidente Francois Bozizé è fuggito e Michel Djotodia, capo di Seleka, si è autoproclamato Presidente della Repubblica.  Ufficialmente ha sciolto le milizie, promuovendone però i comandanti ai vertici dell’esercito. Varie schegge impazzite di Seleka comunque, continuano a seminare il terrore nel Paese.
Fra i ribelli vi sono molti stranieri, soprattutto ciadiani e sudanesi, che stanno acquisendo la cittadinanza centrafricana, spesso illegalmente. Anche la Conferenza episcopale centrafricana ha denunciato questa pratica, in un intervento che risale al giugno scorso. Monsignor Aguirre avanza un sospetto: “I musulmani erano circa il 15 per cento della popolazione, prima della guerra. Quando si tornerà a votare potrebbero essere molto più numerosi, fino al 35 per cento”. Le Nazioni Unite chiedono che si vada ad elezioni entro febbraio 2015.

 

Eppure nella Repubblica Centrafricana cristiani e musulmani convivevano pacificamente: “Siamo convinti che dietro a questa rivolta vi siano i gruppi jihadisti dispersi nel deserto del Sahel”, sostiene monsignor Aguirre, e ricorda che domenica scorsa ad assistere alla messa erano presenti anche quindici musulmani, in rappresentanza della comunità islamica di Bangassou. In Centrafrica, si scontrano anche gli opposti interessi economici dei Paesi arabi e della Francia, della Cina e del Sud Africa. E’ ancora il vescovo di Bangassou a ricordare che “la rivolta è scoppiata a Birao, nel nord del Paese, dove sono stati individuati importanti giacimenti petroliferi”.
A Bangassou, da un paio di mesi, la situazione è più tranquilla. Ma in città hanno vissuto momenti terribili: “La sera del 4 ottobre abbiamo chiamato tutti: il governo, Seleka, la radio e soprattutto abbiamo chiesto aiuto al buon Dio” ricorda monsignor Aguirre.

 

Nel fiume Oubangui, che bagna la città, erano stati trovati cinque cadaveri, vittime di Seleka. Gruppi di giovani armati di machete avevano tagliato gli alberi di mango e bloccato le vie della città. Juan José Aguirre stava accompagnando in aeroporto l’Arcivescovo di Bangui, il Presidente della comunità islamica ed il Presidente dell’alleanza evangelica: “Ci hanno bloccati per strada, erano eccitati e furibondi. Per fortuna sono riuscito a tenere chiusa la portiera dell’imam e a scappare facendo zig zag fra gli alberi, altrimenti avrebbe fatto una brutta fine. Volevano colpire un musulmano”.

 

Quella notte la città si preparava al peggio. Le milizie di autodifesa, che avevano bloccato l’auto del vescovo, si preparavano a colpire gli uomini della Seleka: “Miracolosamente non è accaduto nulla, perché è piovuto a dirotto tutta la notte e il mattino dopo sono arrivati gli uomini dell’esercito in aereo da Bangui”, ricorda il vescovo.

 
In Centrafrica però, la situazione continua ad essere difficile. 350 soldati francesi sono appena sbarcati a Douala, nel vicino Camerun, e si preparano ad entrare nel Paese, nel quadro dell’operazione “Sangari”. I soldati africani della Fomac presidiano i più importanti centri urbani. Nei villaggi però, regna ancora la paura. Anche per questo monsignor Aguirre ha deciso che celebrerà il Natale a Celime, un piccolo villaggio. La missione più vicina, Rafai, è a 30 chilometri: “A Celime le milizie Seleka hanno bruciato 450 case. E allora io voglio esserci, per tre giorni, a piangere con la gente, ma anche a ridere. Perché, nonostante tutto, sarà Natale anche qui”

Fonte: Repubblica Centrafricana, verso lo Stato Islamico? – Vatican Insider.

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