Ridere col Profeta | Mediterranea

Se ridere di Maometto, così come di ogni argomento caro a una sensibilità religiosa, è senz’altro una pessima idea, a molti farebbe bene ricordare che è lecito, anzi consigliabile, ridere con Maometto. Il profeta dell’islam, infatti, era un amante dell’umorismo fine e scherzava volentieri, in famiglia così come in pubblico: con i bambini, con i suoi compagni, con i beduini, con le anziane dei villaggi. Ad approfondire questo tratto del carattere di Maometto, poco noto anche tra gli stessi musulmani, è stata una giovane studiosa tunisina, Leila Laabidi, che all’argomento ha dedicato il suo libro Al Fakkah fi Al Islam, che significa appunto «l’umorismo nell’islam».

Trentenne, insegnante all’Istituto superiore di Scienze umane dell’Università Al Manar di Tunisi, Laabidi è andata alla ricerca, attraverso le sure del Corano e gli Hadith (i “detti” del profeta), di tutti i riferimenti appunto al sorriso, allo scherzo, all’umorismo. Obiettivo: dimostrare che quest’ultimo «anche in quanto stile di vita, è stato sempre presente nell’islam, sia nella parola divina che nel carattere del Profeta. Un’immagine che certi non conoscono».

La ricerca, la prima nel suo genere, ha sollevato grande interesse nel mondo islamico, tanto che il libro è valso all’autrice il Premio Sheikh Zayed, importante riconoscimento letterario conferito annualmente dall’omonima fondazione, basata ad Abu Dhabi e dedicata all’amatissimo fondatore degli Emirati Arabi. Motivazione: l’opera sottolinea i «veri valori» della religione musulmana, come ha spiegato la giuria. Una religione che non è fatta solo di divieti, peccati e paura dell’inferno.

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