Se il Comune obbliga tutti a pensare gender | La Nuova Bussola Quotidiana

di Stefano Fontana  09-05-2015

Cosa pensereste se un Comune obbligasse i propri dipendenti ed operatori a frequentare in orario di lavoro un corso sull’omofobia e la transfobia organizzato insieme a sigle che di questo problema danno un’unica versione, chiamando relatori assolutamente di parte e finanziando la cosa con i soldi pubblici, ossia di tutti, anche di coloro che non la pensano in quel modo?  Pensereste forse che siamo in un regime politico se non dittatoriale almeno fortemente autoritario che con la democrazia non ha niente a che fare e che quel Comune esercita il proprio potere in modo arbitrario, imponendo ai propri dipendenti non solo un comportamento ma anche una mentalità, dettando valori e disvalori, assumendo in sé l’etica del bene e del male, definendo addirittura cosa sia l’identità sessuale, quali siano le identità sessuate, come intendere il proprio corpo, cosa sia la famiglia.

Ebbene tutto questo è realtà, quel Comune è il Comune di Trieste, che l’11 maggio 2015, dalle 9 alle 13 precetta il proprio personale nell’Auditorium del Palazzo Revoltella – non sono ammesse assenze ingiustificate, firma all’ingresso e all’uscita – perché si lascino educare dall’ideologia del regime. La “Giornata formativa” è organizzata dal Comune insieme all’Arcigay e all’Arcigay Arcobaleno, i due relatori sono di sicura tendenza e non ci saranno sorprese su quanto diranno. Dopo gli indirizzi di saluto del vicesindaco Fabiana Martini, la parola passerà a Margherita Bottino, psicoterapeuta e consigliera dell’Ordine degli Psicologi, ossia dell’ordine che ha fatto propria l’ideologia omosessualista e Lgbt ergendosi a censore di qualunque psicologo che non si allinei alla nuova pseudoscienza. Quindi parlerà Patrizia Fiore, socia dell’avvocatura per i diritti Lgbt, ed anche in questo caso il risultato è assicurato.

Uno si chiederà: ma il Comune di Trieste è di tutti o solo di alcuni? Solo di alcuni, evidentemente. Alla fine è previsto un piccolo spazio per la discussione, ma piccolo piccolo in modo che gli obiettivi da Grande Fratello non vengano messi in pericolo. La cosa è inaudita e pericolosa. Il cerchio si stringe. Nelle scuole comunali di Trieste si impone a insaputa dei genitori un gioco ispirato alla teoria del gender, i corsi nelle scuole vengono appaltati ad associazioni che appartengono tutte alla medesima galassia e fanno capo ai soliti centri di potere, gli ordini professionali (come quello dei giornalisti e ora quello degli psicologi) si allineano e danno manforte, la Rete della pubblica amministrazione per la lotta alla discriminazione contro l’orientamento sessuale (Re.a.dy) scatta in automatico, le associazioni omosessualiste – solo loro – sono interlocutori fissi del Comune, i funzionari del Comune operano per inerzia quando non in piena connivenza, i soldi mancano per tutto ma per queste cose si trovano sempre, sul piano nazionale ci sono le Linee guida del ministero della Pari Opportunità e su quello internazionale le Linee Guida del’Oms … ed ora viene organizzata anche la “Giornata di formazione” obbligatoria – ripetiamo: obbligatoria – per i dipendenti e gli operatori. Siamo davanti ad un “sistema” oppressivo e tentacolare.

Ma l’opposizione politica a Trieste esiste ancora? Qualche consigliere comunale con gli attributi esiste ancora? I sindacati del pubblico impiego fanno parte anche loro della nuova congrega o pensano di protestare? I delegati sindacali interni al Comune accettano che ai lavoratori sia riservato questo trattamento? Il mondo dell’associazionismo triestino tace? Tutti coloro che ogni anno alle celebrazioni del 25 aprile o del 10 febbraio parlano di libertà, davanti a questi soprusi non sono più interessati alla libertà?

É chiaro che ormai per i dipendenti del Comune di Trieste si pone il problema dell’obiezione di coscienza. Si pone già ora, davanti a questa “Giornata di formazione” alla quale il regime li obbliga a partecipare. Si porrà sempre di più in futuro, nel loro lavoro pratico, soprattutto nel campo educativo e non solo, ma si pone già ora: partecipando alla Giornata avallano un sistema moralmente inaccettabile.   Come si vede i giochi si fanno duri. L’ideologia al potere vuole entrare nelle menti dei bambini che frequentano la scuola pubblica e nella testa dei lavoratori della pubblica amministrazione. Vogliono che tutti la pensiamo allo stesso modo, ossia come loro. Bisogna prepararsi a una nuova Resistenza.

Sorgente: Se il Comune obbliga tutti a pensare gender

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