Se un cattolico di sinistra vuole la mamma. Un Campari con… Mario Adinolfi ~ CampariedeMaistre

 

a cura di Alessandro Rico

Non siamo abituati ad ascoltare cattolici di centrodestra capaci di argomentare la difesa dei valori non negoziabili. Figuriamoci se siamo abituati ai cattolici progressisti. Eppure c’è a sinistra un cattolico – di cui non condividiamo comunque molte delle posizioni (una su tutte la difesa della legge 194) – che non si è prostrato all’omosessualismo e alla cultura della libertà come licenza. Si tratta di Mario Adinolfi, romano classe 1971, blogger, ex parlamentare PD, ex sinistra DC, persino giocatore di poker, che il 19 marzo ha pubblicato “Voglio la mamma”, un libro che coraggiosamente sfata i miti della sinistra postcomunista, rimescolata in salsa Radicale.

Caro Adinolfi, che sfida lancia a questi luoghi comuni della sinistra radicaleggiante? Come dissacra il totem dei diritti civili?
Non mi piace la definizione «diritti civili», mi fa sorridere. Esistono forse dei diritti incivili? Ovviamente cerco di avviare una discussione sul tema a sinistra, partendo da una militanza in quel campo che mi ha portato anche a fare il parlamentare del Partito Democratico. Ma su questo terreno ho provato sempre un grande disagio. Ora con Voglio la mamma, dopo anni di battaglia politica sul marginale e sull’inessenziale, ho voluto occuparmi dei tre temi essenziali: nascere, amare, morire.
Nella sintesi in 20 punti del libro uscita sul suo blog, scrive che i legami omosessuali possono essere «tutelati da istituti giuridici, ma nettamente distinti dal matrimonio». Come fa a distinguere una coppia di fatto da una sposata, se i riconoscimenti giuridici sono gli stessi?
Per questo credo che istituti giuridici possano essere immaginati, solo se nettamente distinti dal matrimonio. Credo di essere stato fin troppo chiaro sul punto. Non voglio che sia ibridato l’istituto matrimoniale che unisce, con diritti e doveri specifici, un uomo e una donna.
Punto 20 dell’estratto di Voglio la mamma: «Al centro della difesa della vita e della persona c’è la donna. Il futuro della razza umana ha le forme di una madre. Così è, così è sempre stato, così sempre sarà». Qual è, allora, l’alternativa al femminismo d’accatto che subiamo ogni giorno? E che pensa del bombardamento mediatico sul “femminicidio”? Non le pare che surrettiziamente si vogliano demonizzare la figura maschile e la famiglia tradizionale?
Sono battaglie diverse, questioni diverse, non credo francamente sia in atto una demonizzazione della figura maschile. Alcuni uomini sono demoni. Alcune donne sono demoni. L’umanità può essere demoniaca. Proprio per evitare che arrivi sul baratro della negazione di sé, ho scritto Voglio la mamma.
Proposito ambizioso. Lei contrappone la persona all’individuo e il diritto all’aborto – spesso declinato nei termini di un diritto di proprietà sul proprio corpo – al diritto alla nascita. Che direbbe a chi la accusasse di maschilismo?
Che non sono un maschilista. Vivo circondato da donne. Ho solo figlie femmine e sei zie, contro un unico timido zietto. Non potrei sopravvivere da maschilista. Il diritto all’aborto, semplicemente, non esiste. L’aborto è sempre una tragedia.
Però precisa che l’aborto va trattato come un fallimento e «con ogni sforzo possibile evitato». A me sembra che questo non implichi un divieto assoluto.
Non chiedo l’abolizione della legge 194, se questa è la domanda. Io voglio combattere una battaglia culturale per spiegare che abortire è negare la vita a un essere umano, spesso con motivazioni risibili rispetto alla grandezza del valore della vita.
Lei scrive che i diritti da tutelare prioritariamente sono quelli della famiglia. Che misure legislative bisognerebbe attuare?
In politica ho imparato a parlare prima di tutto di soldi. Semplicemente, ritengo che una famiglia che ha un solo reddito debba essere aiutata, se quel reddito deve sfamare molti componenti. Tecnicamente lo chiamano quoziente familiare e deve essere applicato sul piano fiscale.
Altri punti molto interessanti sono quelli su minori e portatori di handicap. Lei associa le diagnosi prenatali a una «strage di persone affette da minime disabilità» e condanna l’eutanasia (non solo infantile). Come lo spiega alle “anime belle” che vogliono eliminare la sofferenza dei disabili e dei malati terminali, eliminando direttamente gli handicappati e i moribondi?
Lo spiego con un bellissimo documentario francese che racconta come in Belgio e Olanda, i due paesi europei con una legge favorevole all’eutanasia attiva di Stato, siano stati eliminati ventimila anziani, la metà dei quali non avevano richiesto esplicitamente di essere soppressi. Lo spiego con l’orrore degli abusi. E lo spiego con un mio amico albino, che dice che per via delle diagnosi prenatali in Italia non nascono più albini come lui. È selezione eugenetica di stampo nazista.
Nel 2013 lei si è schierato con Monti, ma anni prima aveva contribuito alla fondazione del PD. Come ha potuto pensare di collaborare con la sinistra radicale? Lei, che ha dato del «frocetto» ad Alfonso Signorini e degli «ircocervi» ai transessuali?
Sono stato fondatore del PD, candidato alla segreteria nazionale alle primarie fondative del 2007, membro della commissione che ne ha scritto lo statuto, membro della direzione nazionale, parlamentare del gruppo del Partito Democratico. Contro di me sono state usate espressioni assai più pesanti di quelle che una volta, in un contesto ironico, ho rivolto a Signorini. Comunque, non ho “collaborato” con la sinistra. Ne sono stato e ne sono parte attiva. La radicalizzazione della campagna elettorale 2013, dopo la sconfitta di Renzi alle primarie 2012 in cui ci ponevamo l’obiettivo di rottamare quella vecchia sinistra, ha comportato il mio allontanamento dal Pd. Spero temporaneo.
Tempo fa ha espresso il suo apprezzamento per Renzi. Uno che sembra dare un colpo al cerchio e un altro alla botte: un cattolico può fidarsi del nuovo premier?
Non vedo all’orizzonte giganti, ma non mi fido di nessuno, anche se di Matteo sono amico e sostenitore. Lo giudicheremo alla prova dei fatti.
Una critica, però, va rivolta anche alla destra. Cosa pensa, quando vede che l’unico argomento di Alfano contro i matrimoni gay è che «la maggioranza degli italiani è contraria»? Che fine ha fatto la formazione politica dei cattolici?
Chiedere ad Alfano di fare formazione politica mi sembra un’ambizione troppo vasta.
Si faccia pubblicità. Ci dica perché un cattolico tradizionalista dovrebbe comprare Voglio la mamma. Ma soprattutto perché dovrebbe comprarlo un laicista militante.
Lo deve comprare chi ha interesse ad evitare all’umanità il baratro della negazione di sé. È uno strumento di resistenza al caos modaiolo, come strumento di resistenza va usato. Leggendolo e facendolo leggere.

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