SHAKESPEARE, AGATHA CHRISTIE, LA COSCIENZA, LA MORALE LAICA – di Carla D’Agostino Ungaretti

Avrò una ricchezza, se non per nascita, per ingegno: tutto per me è buono purché mi conduca alla meta”.
Shakespeare, Re Lear, I, 2. Traduzione di Ugo Dèttore. Newton Compton editori 1995.

di Carla D’Agostino Ungaretti

In un romanzo giallo di Agatha Christie che lessi in gioventù ma di cui ora non ricordo il titolo, un personaggio – sorseggiando il suo rituale tè delle 5 – domanda a un amico: “Ma tu saresticapace di commettere un omicidio?”. “Oh no!” risponde l’altro con molta nonchalance “Avrei troppa paura di essere scoperto!”Questa risposta allora mi sembrò piuttosto infantile a causa della motivazione, alquanto meschina in rapporto alla gravità del gesto ipotizzato, perché mi fece pensare al bambino che non ruba la marmellata per timore della punizione della mamma, o all’adolescente che non sottrae di nascosto la potente automobile di suo padre per non incorrere nell’ira del genitore e non per il timore di provocare incidenti a causa della sua scarsa perizia nella guida. Più tardi, invece, mi tornò in mente in tutt’altro contesto e penso ad essa quando sento parlare di legge morale o, in senso più laico, di etica. All’epoca in cui si svolgono i romanzi di Dame Agatha, dagli anni ’20 agli anni ’40 del XX secolo, in Gran Bretagna era ancora in vigore la pena di morte, quindi il nostro amico aveva ben ragione di temere di essere scoperto, perché sapeva che, se avesse ucciso qualcuno, con molta probabilità avrebbe poi fatto la stessa fine della sua ipotetica vittima.
Perché mi colpisce ancora quella risposta? Perché il personaggio in questione non si mostrava scandalizzato dalla  domanda, non adduceva – come possibile deterrente al suo atto criminoso – un principio etico, o filantropico, o il diritto penale che in ogni paese condanna l’omicidio, e meno che mai la propria coscienza perché, con la sua risposta, egli dimostrava chiaramente di non averla, una coscienza: temeva soltanto, più pragmaticamente, di finire sulla forca. Il ché mi autorizza a pensare che se egli avesse avuto la certezza matematica che Scotland Yard non lo avrebbe mai scoperto, non avrebbe esitato a uccidere, se ciò gli avesse fatto comodo.

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