Siria, è l’Onu che riaccende la miccia

di Gianandrea Gaiani

Il 17 settembre 2013 alla Camera dei Deputati è stata scritta una pagina nera nella storia della cultura giuridica del nostro Paese. Dopo il furtivo dibattito in seduta notturna dello scorso 5 agosto, infatti, è ripresa la discussione sul disegno di legge Scalfarotto in tema di contrasto all’omofobia.
Si è proceduto alla votazione delle tre questioni pregiudiziali di costituzionalità presentate rispettivamente dall’on. Giancarlo Giorgetti della Lega Nord ed altri (pregiudiziale n.1), dall’on. Giorgia Meloni e Cirielli dei Fratelli d’Italia (pregiudiziale n.2) e dall’onorevole Pagano del PLD  ed altri (pregiudiziale n.3).
E’ toccato al deputato leghista on. Marco Rondin presentare la questione pregiudiziale di inconstituzionalità n.1:

«Dovrebbero bastare poche considerazioni di buon senso per archiviare un provvedimento che, nella sua applicazione, andrà a sanzionare anche un reato di opinione, violando il rispetto del principio di libertà di espressione garantito dalla nostra Costituzione. Che il rischio sia reale ce lo ricorda anche un passaggio del parere della I Commissione (Affari costituzionali) che evidenziava la necessità di assicurare il rispetto del principio di libertà di espressione, evitando il rischio in particolare di scivolare sul delicato territorio dei reati di opinione e di introdurre nell’ordinamento illegittime violazione delle libertà di manifestazione del pensiero, anche perché potrebbe risultare alquanto difficoltoso sul piano probatorio ricostruire i motivi che hanno determinato l’agire. Così la Commissione affari costituzionali.

Inoltre, come abbiamo evidenziato poi nel nostro atto, la disposizione dell’articolo 1 contenuta nel testo in esame viola il principio di uguaglianza sancito dall’articolo 3 della Costituzione sotto il profilo della ragionevolezza della discriminazione. Appare evidente che aver legato l’atto di discriminazione a motivi di omofobia e transfobia, così configurata, offre una protezione privilegiata alla persona offesa in ragione del proprio orientamento sessuale e in particolare discrimina fra chi subisce forme di atti o violenze perché vi è una tutela rafforzata del motivo sottostante l’azione.

Ancora, il testo di legge in esame andrebbe ad escludere, come esclude, la medesima tutela ai soggetti eterofobi, misogini o misantropi e, anche in questo caso, senza alcuna ragionevole giustificazione, anzi si andrebbe a configurare per legge una discriminazione nei confronti di coloro che sono eterofobi, misogini o misantropi perché non sono stati ricompresi nel testo.

Un altro rischio è ben sottolineato in un altro passaggio del parere della Commissione affari costituzionali, nel quale si rileva come gli elementi previsti dal testo, avendo per oggetto moventi interiori il cui accertamento obiettivo non è univoco, possono dar luogo alla presunzione di sussistenza ogni volta che la condotta illecita interessi soggetti di cui siano note l’omosessualità e la transessualità, introducendo così una vera e propria inversione dell’onere probatorio.

Accanto agli aspetti di incostituzionalità, che dovrebbero essere sufficienti per indurre i colleghi a votare a favore di questa nostra questione pregiudiziale nei confronti di questo provvedimento, vi sono poi altri aspetti, che dovrebbero spingerci comunque a tutelare l’istituto della famiglia e questo dovere ci impone, o dovrebbe imporci, di non procedere all’esame del testo, fermando la mano del legislatore, che, informata da quel relativismo politicamente corretto, vera malattia del mondo occidentale, con provvedimenti come questi, domani impedirà, a chi dovesse porsi a difesa della famiglia naturale, qualsiasi agibilità, perché si potrebbe configurare come atto discriminatorio nei confronti delle coppie omosessuali.

Con questi provvedimenti, si misconosce la specificità della famiglia e se ne preclude l’autentica valorizzazione nel contesto sociale e si apre la strada a decisioni politiche, con le quali giuridicamente si equiparano forme di vita differenti come la relazione tra uomo e donna e quelle tra persone dello stesso sesso. Domani, chi dovesse dire – come ha fatto Papa Francesco – che, anzitutto, come Chiesa, offriamo una concezione della famiglia che è quella del libro della Genesi, dell’unità nella differenza tra uomo e donna e della sua fecondità, in questa realtà inoltre riconosciamo un bene per tutti: la prima società naturale come recepito anche nella Costituzione della Repubblica italiana.

Infine, vogliamo riaffermare che la famiglia così intesa rimane il primo e principale soggetto costruttore della società e di un’economia a misura d’uomo e – come tale – merita di essere fattivamente sostenuta.
Bene, chi pronunciasse queste parole – come dicevo ha fatto Papa Francesco – potrebbe trovare, grazie al vostro provvedimento, qualche zelante magistrato che, in virtù di quanto stabilito, potrebbe ravvisare una volontà di discriminazione nei confronti di chi è omosessuale, ad esempio. Per concludere, chi avalla simili provvedimenti, lo fa solo perché è animato da motivi ideologici, privi di buonsenso, ed è appellandoci soprattutto al buonsenso, che oggettivamente non ravvisiamo nella mano del legislatore, che ha steso questo testo, che chiediamo comunque ai colleghi presenti in Aula di non permettere che l’esame di questo testo proceda».

E’ poi seguito l’intervento dell’on. Edmondo Cirielli finalizzato a presentare la questione pregiudiziale n.2

«Signora Presidente, colleghi, innanzitutto intendevo protestare perché una legge così sostanzialmente importante, a prescindere da quello che si può pensare, che incide sulla libertà di opinione, inciderà sulla libertà religiosa, inciderà sull’ordine sociale, sullo stato e sul diritto di famiglia. Di fatto, il Parlamento è imbavagliato con i contingentamenti; un gruppo come il nostro, piccolo, con nove deputati, può segnalare solo due emendamenti, neanche un emendamento a deputato, oltre al fatto che il tempo della pregiudiziale viene anche sottratto dai tempi di contingentamento. Io non credo che, non facendo parlare i deputati e i parlamentari, si faccia un buon servizio al Paese: si vogliono fare norme manifesto e si calpestano anche i più elementari principi del diritto.

Mi riferisco, innanzitutto, al rispetto della norma fondamentale della nostra Costituzione. I nostri padri fondatori, innanzitutto, ci hanno tenuto a specificare, tra i primi articoli, all’articolo 3, che tutti i cittadini sono uguali, a prescindere da ogni distinzione di sesso, razza, religione, condizioni personale e, invece, grazie alle lobby – noi non ce l’abbiamo con i singoli, ma ce l’abbiamo con le lobby – si vuole introdurre una tutela speciale per alcune persone, in virtù di una loro soggettiva condizione personale. E, peraltro, lo dico anche con molta franchezza, non è un momento dove c’è una recrudescenza criminale tale da giustificare anche questo intervento.

Sia beninteso: chi vi parla, e lo dimostrerà anche con gli emendamenti, non è affatto contrario all’idea di punire severamente qualche mentecatto o qualche delinquente prepotente che usa violenza o istiga alla violenza verso persone semplicemente per il fatto di essere percepite nella sua mente stupida come diverse. Quindi, nel caso specifico riteniamo molto grave la violenza nei confronti degli omosessuali in quanto tali. Ma, riteniamo grave la violenza in quanto tale e da punire gravemente e ricordo che all’articolo 61 del codice penale le circostanze aggravanti già prevedono l’avere agito per motivi abietti e futili. Non si capisce, dunque, perché questa norma non venga applicata con la dovuta severità. Ma, aggiungo, il codice penale prevede anche l’opportunità di dare misure di sicurezza. Quindi, già oggi ci sarebbe l’opportunità di punire in maniera adeguata e dura coloro che agiscono e commettono violenza per motivi futili o abbietti.

Ma c’è di più. La norma che oggi discutiamo, che novella sia la «legge Reale» del 1975 sia la «legge Mancino» del 1993, che rappresentano l’ossatura di riferimento della legislazione italiana contro le discriminazioni, punisce ed estende anche alla condotta della istigazione e della commissione di atti di discriminazione nei confronti degli omosessuali. Voglio dire che, rispetto alla banalità della locuzione, ci si potrebbe chiedere chi è contro una norma che punisce chi commette atti di discriminazione nei confronti degli omosessuali. Sicuramente è una cosa sbagliata che va sanzionata, ma il punto è: quali sono questi atti di discriminazione? Cioè, se io sostengo che è sbagliato e ingiusto che una coppia di omosessuali possa adottare un bambino, sto commettendo o sto istigando a una discriminazione? E se mi associo, se faccio parte di una religione, di un gruppo catecumenale, di un partito, che sostiene, per esempio, che è contrario al matrimonio dei gay, compiamo un’istigazione alla discriminazione, magari in associazione, e dobbiamo essere puniti in maniera assai più severa?

E, allora, qui si tocca la libertà di associazione, si tocca la libertà di opinione di cui all’articolo 21 della Costituzione e si tocca l’articolo 19 della Costituzione. In realtà ci sono molte religioni e tra queste quella principale, la nostra religione cattolico-cristiana, che prevede nella sua dottrina sociale l’idea che colui che si trova in questa condizione soggettiva possa essere criticato e, comunque, è contraria all’adozione da parte di coppie gay. E, allora, in questo caso una persona potrà professare la sua libertà religiosa? O per questo istigherà alla discriminazione? O compirà un atto di discriminazione?

Allora, noi crediamo che in primis si possa punire magari più adeguatamente, inserendo una normativa generale di contrasto alle discriminazioni e utilizzando l’articolo 3 della Costituzione, che al suo ultimo paragrafo introduce anche il concetto di condizioni personali tra le condizioni da tutelare e, quindi, nessuno può essere discriminato in base alle sue condizioni personali. E, allora, si può stabilire una sanzione di carattere generale perché non crediamo, per esempio, che una discriminazione nei confronti di un diversamente abile sia meno grave di una discriminazione o di una violenza nei confronti di un omosessuale.

Oppure quanto meno possiamo limitare il danno, circoscrivendo il reato agli atti di violenza o all’istigazione alla violenza nei confronti degli omosessuali. Credo che, se quest’Aula ragionerà in maniera seria, se i tempi ce lo consentiranno, si capirà chiaramente che è importante tutelare la libertà di parola e di opinione di cui all’articolo 21 della Costituzione; è importantissimo tutelare la libertà religiosa, la libertà di professare la propria religione, di cui all’articolo 19; è importantissimo preservare l’articolo 3 del principio di uguaglianza. Ci sarebbe anche da citare l’articolo 25, lo voglio ricordare. Discriminazione è un concetto intuitivo dal punto di vista lessicale, ma dal punto di vista giuridico è poco tipizzato, per cui si viola anche il principio di legalità e il principio di tassatività di cui all’articolo 25 della Costituzione.

Il fronte del significato della discriminazione diventa liberamente interpretabile da un magistrato e credo che non sia giusto dare questo tipo di discrezionalità e soprattutto apriamo in futuro, perché non sappiamo quello che può accadere tra dieci o quindici anni, anche ad una vera e propria persecuzione religiosa. Per cui, invito i parlamentari a guardarsi con attenzione questa norma e a giudicarla, come in questo momento noi di Fratelli d’Italia proponiamo, come assolutamente anticostituzionale».

L’on. Alessandro Pagano, infine, ha proceduto con l’illustrazione della questione pregiudiziale n. 3:

«Signor Presidente, onorevoli colleghi, credo non vi sia in quest’Aula alcun collega che condivida o addirittura pratichi la discriminazione per ragioni di sesso, al di là dell’analisi e della definizione che ciascuno di noi può dare dell’omosessualità. La cultura della nostra nazione ci porta naturalmente a volere il rispetto della dignità di ciascuna persona, di tutte le persone. Se proprio si ritenesse inadeguata la legislazione in vigore – ciò che io non penso che sia – si sarebbe al più potuto immaginare, come da tempo ha suggerito il nostro presidente del gruppo onorevole Renato Brunetta, una aggravante specifica dei reati contro la persona. Si è voluto invece proporre all’esame dell’aula un testo fortemente divisivo nella società prima ancora che nel Parlamento e che non concorre in conseguenza a creare quel clima condiviso che più di ogni altra cosa potrebbe consentire l’isolamento, la condanna, la prevenzione dei comportamenti discriminatori.

Si è preferito il piano inclinato e sdrucciolevole del reato di opinione a quello ben più solido e accettato dei reati contro la persona. E a questo punto, non solo per la fase di esame in cui ci troviamo, diventa davvero preliminare il profilo di costituzionalità perché la proposta al nostro esame investe profili di libertà che ogni persona di buon senso – a maggior ragione per coloro che fondano il proprio pensiero su quello liberale – dovrebbe con immediatezza individuare. Ed ogni volta che ciò è stato sottovalutato, come nel caso della legge Severino, il danno conseguente alla norma limitativa della libertà si è manifestato con immediatezza.

D’altronde il presupposto di questa proposta di legge, nei termini cosi formulati, è tutto ideologico e si collega ad un movimento internazionale che vuole creare una sorta di “uomo nuovo”; una nuova e artificiale antropologia di Stato attraverso una rottura, graduale ma coerente, dello spirito e del contenuto della nostra Carta costituzionale fondata sulla società naturale e sul diritto naturale, cosi come vollero i grandi partiti costituenti. E per raggiungere questo scopo oggi gli ambienti politici e sociali che al senso comune del popolo preferiscono l’ideologia di alcune borghesie cosmopolite ritengono di dover inserire nell’ordinamento un reato che inibisca l’iniziativa sociale a difesa della società naturale, dell’unicità del matrimonio tra uomo e donna quale istituto pubblicamente rilevante, della prevalenza dei diritti dei minori sui desideri degli adulti, della connessione tra la procreazione e gli elementi naturali di una relazione affettiva eterosessuale.

Mi si dirà che non necessariamente tali opinioni costituiranno reato in base alla nuova tipizzazione ma è questo un profilo davvero basico della contestazione di incostituzionalità che mi accingo a leggere.

L’assenza di una definizione certa e consolidata dell’omofobia e della transfobia rimetterà all’apprezzamento di un magistrato questa decisione, e credo di poter spendere parole giuste quando affermo che le anomalie che si sono verificate negli ultimi tempi nel sistema giudiziario e l’abuso di potere ricorrente, alimentato da certi presupposti ideologici, da aspirazioni mediatiche e da obiettivi rivoluzionari, devono, per forza di cose, far riflettere questo Parlamento.

Dico in più che la genericità e la differente interpretabilità di alcuni termini produce arbitrio e decisioni contrastanti, e quindi, alla fine, contrarie al principio di eguaglianza nelle applicazioni giudiziarie. Il testo unificato dei relatori inserisce fra le discriminazioni della legge Mancino quelle fondate sull’omofobia e transfobia. In tale modo, viene estesa la reclusione fino ad un anno e sei mesi a chi propaganda idee fondate sulla superiorità o sull’odio razziale o etnico, come noto, ma da oggi, qualora dovesse essere approvato questo provvedimento, anche ad atti fondati sull’omofobia e transfobia.

Il testo in esame prevede anche la reclusione fino a quattro anni di chi, in qualsiasi modo, istiga a commettere violenza o atti fondati sull’omofobia e transfobia. Il testo unificato vieta anche ogni organizzazione, associazione, movimento o gruppo avente tra i propri scopi l’incitamento alla discriminazione o alla violenza per motivi razziali e etnici o fondati, appunto, sull’omofobia e transfobia. Chi partecipa a tali organizzazioni, movimenti o gruppi, o presta assistenza alla loro attività, è punito, per il solo fatto di parteciparvi, con la reclusione da sei mesi a quattro anni. Questa proposta di legge, nei termini esposti, contiene almeno sette elementi di incostituzionalità.

È utile ribadire che i termini “omofobia” e “transfobia” hanno un’accezione incerta, e comunque non prevista dal nostro ordinamento giuridico, il cui contenuto sarà determinato, più che interpretato, dall’applicazione giurisprudenziale, con evidenti rischi di pronunce radicalmente difformi, a causa del significato discrezionale.
Ma entriamo nel vivo dell’incostituzionalità: la prima questione riguarda l’articolo 25 della Costituzione. Viene, infatti, abbandonato un sistema penale fondato, per senso di realtà e per garanzia, su dati oggettivi, e diventano penalmente rilevanti, con conseguenze pesanti, viste le sanzioni previste, categorie non definite, per l’appunto omofobia e transfobia, la cui area di applicazione è ad alto rischio di arbitrarietà. Il reato penale risponde al requisito della tassatività quando è caratterizzato da contorni ben precisi. Il fatto stesso che questo delitto venga fatto rientrare in una legge speciale quale la Mancino e tra i delitti definiti di «odio», lo dico tra virgolette, rischia di sovvertire il delitto penale del fatto che contraddistingue la nostra civiltà giuridica.

Alla luce di queste essenziali precisazioni, è rischiosa per la libertà dei cittadini la previsione del delitto di odio, perché ciò implica uno scandaglio dei moventi intimi. Molti delitti sono mossi da odio contro la persona – l’omicidio è l’esempio classico – eppure tale movente non è previsto come aggravante. Se passassero queste fattispecie, si passerebbe nel nostro diritto e nella nostra legislazione dal diritto penale del fatto ad un diritto penale dell’atteggiamento interiore.

La Commissione affari costituzionali, nel parere reso a maggioranza, si è soffermata analiticamente su questo profilo critico: se non condividete le ragioni della pregiudiziale da noi presentata, almeno rileggete le sagge considerazioni contenute nell’atto chiamato, in questo Parlamento, a valutare la conformità alla Costituzione delle norme che si stanno per approvare.
È meglio farlo ora, a differenza di quanto è accaduto con la legge Severino, che domandarsi domani come riparare ai danni che certamente verranno dalla violazione di non poche disposizioni costituzionali come quelle indicate.

Ancora, una seconda questione di incostituzionalità riguarda la libertà di pensiero, ai sensi dell’articolo 21 della Costituzione. Potrebbe essere incriminato da un giudice, in maniera discrezionale, secondo questa proposta di legge, anche chi manifestasse l’opinione dell’esistenza in natura di maschio e femmina e della necessità che il diritto positivo sia fondato sul diritto naturale, e ciò anche se tale opinione fosse esplicitata nell’assoluto rispetto di tutti, senza tradursi in alcuna condotta denigratoria o comunque illecita.

Una terza questione riguarda l’articolo 19 della Costituzione, la libertà di culto, in particolare per le confessioni religiose (cioè tutte) le cui basi sono la distinzione fra i sessi, e che pertanto rischierebbero Il testo in esame non impedisce in alcun modo all’interno di un corso di preparazione al matrimonio canonico, per esempio, l’affermazione – coerente con quella prevista tra l’altro dalla nostra Costituzione – secondo cui la famiglia è quella fondata sull’unione permanente fra un uomo e una donna. Bene! Per questa proposta di legge tale comportamento rischia di tradursi in una «propaganda», e quindi sanzionata dalla «Mancino».

Ancora, l’articolo 18 della Costituzione consente ai cittadini di associarsi liberamente. Il progetto di legge prevede misure (sequestro, confisca, scioglimento) nei confronti di quelle associazioni i cui componenti siano condannati nella nuova normativa.

Una quinta questione riguarda l’articolo 33 della Costituzione che garantisce la libertà di ricerca scientifica. Una sesta questione riguarda gli articoli 13 e 3 (la libertà personale è inviolabile). Una settima questione riguarda la violazione degli articoli 10 e 11 sull’ordinamento giuridico italiano, che deve essere conforme alle norme del diritto internazionale. Ma nel caso specifico la Convenzione di New York, dove si innesta questa proposta di legge, mira ad eliminare la discriminazione razziale, ma questo è un tema ben diverso dalla discriminazione sull’omofobia e sulla transfobia.

Lo ripeto: questi temi sono stati tutti affrontati dalla I Commissione Affari Costituzionali che il 2 agosto ultimo scorso, nella seduta n.  68, ha rilevato che questa legge viola almeno quattro articoli della Costituzione.
Il testo che quella Commissione esitò diceva testualmente: “Ricomprende – con riferimento al testo di legge – situazioni ampie ed indeterminate e si fonda su situazioni e scelte soggettive, anziché su posizioni oggettive”. Continuo con il virgolettato: “Tenuto conto che quanto stabilito dal testo potrebbe prefigurare una situazione normativamente differenziata rispetto ad altre situazioni analogamente meritevoli di tutela (perché a questo punto non si tutelano i disabili? o gli obesi? o le donne? o le vittime del bullismo?) – concludo, Presidente – in cui si commettono delitti contro le persone e viene violato il principio di uguaglianza e di giurisprudenza”.

E allora da qui, oltre alle violazioni dell’articolo 21, evidenziate dalla Commissione affari costituzionali, mi avvio alla conclusione, citando esattamente quello che ha detto la Commissione affari costituzionali, penso, Presidente, che sia utile a tutti: “I moventi interiori, il cui accertamento obbiettivo non è univoco, possono dar luogo alla presunzione di sussistenza ogni volta che la condotta illecita interessi soggetti di cui siano note l’omosessualità e così invertire l’onere della prova (ad esempio, si litiga con un soggetto che poi si scopre essere omosessuale)” e la Commissione conclude chiedendo “il rispetto del principio della determinatezza e della tassatività delle norme incriminatrici” e “risulta necessario richiedere che la condotta di istigazione sia esplicitata, non potendosi mai dedurre dall’opinione dichiarata”.

Da qui il parere contrario della Commissione e da qui la mia richiesta che ovviamente va inquadrata all’interno di una incostituzionalità di questa norma».

Di fronte ai rilievi sollevati nelle predette questioni pregiudiziali sono seguiti gli interventi dell’on. Lorenzo Dellai (PD), dell’on. Giulia Di Vita (M5S), dell’on. Ileana Cathia Piazzoni (SEL), dell’on. Barbara Pollastrini (PD). In quegli interventi, di fatto, non vi è stata nessuna convincente confutazione giuridica delle argomentazioni proposte sull’incostituzionalità, ma solo una serie di ragionamenti meramente ideologici, alcuni dei quali caratterizzati persino da un tono becero e di basso profilo.

Ha colpito, invece, il fatto che il gruppo Popolo della Libertà abbia chiesto di potere intervenire comunque nella discussione, non riconoscendosi nella questione pregiudiziale n.  3 dell’on. Alessandro Pagano ed altri deputati tutti appartenenti, peraltro, allo stesso gruppo PdL. E’ l’on. Enrico Costa che interviene sul punto:

«Signor Presidente, è anomalo il fatto che il gruppo Popolo della Libertà intervenga in fase di pregiudiziale con due diversi esponenti. Ebbene, c’è stata una presentazione di una pregiudiziale a titolo si può dire personale, ma il tema porta proprio a un dibattito interno, porta a sensibilità diverse, ad approcci diversi a quella che è la materia. Non dimentichiamo che in quest’Aula, nella scorsa legislatura, per ben due volte la legge passò dalla Commissione, arrivò in questa sede e la pregiudiziale di costituzionalità venne approvata a scrutinio segreto. Venne approvata nonostante nulla potesse farlo presagire quanto meno sulla base dei numeri delle forze politiche che in quel momento puntavano a portare avanti il provvedimento.

Questo ci deve insegnare secondo me una cosa fondamentale: il metodo di lavoro. Questo provvedimento non può essere affrontato con il piglio di chi è sicuro di avere i numeri dalla sua parte e non tiene in considerazione quelle che possono essere le diverse sensibilità, i diversi approcci a questo tema, i diversi valori, i diversi percorsi che hanno portato ciascun collega ad arrivare in quest’Aula, i diversi riferimenti che possono sensibilizzare ciascun parlamentare, dare indicazioni, sostenere, sensibilizzare. Ebbene, se si pensa di approvare questo provvedimento usando il Parlamento come un’asta per la bandiera da poter esibire di fronte alle singole associazioni, di fronte ai singoli sostenitori, si sbaglia l’approccio. È necessario cercare di partire con una valutazione giuridica e la valutazione giuridica deve partire dall’interesse protetto.

C’è un’esigenza – e dobbiamo riconoscerlo –, che è un’esigenza di tutela, ci sono moltissimi episodi che nel nostro Paese si sono moltiplicati e necessitano di essere affrontati in modo serio e non certo demagogico. Ebbene, si è scelto, già nella scorsa legislatura, di affrontarli attraverso una norma penale. Bene, io non sono un grande sostenitore della soluzione dei problemi attraverso la repressione, attraverso la norma penale. Sono convinto che la prevenzione, la sensibilizzazione, l’approccio culturale siano sicuramente più efficaci, ma tant’è: allora come oggi, ci sono delle proposte di legge che partono da un approccio di questo genere.

Ebbene, il Popolo della Libertà, pur discutendo al suo interno, ha contribuito molto all’approvazione in Commissione di un testo, di un testo che va anche oltre rispetto a quello che era il testo nel quale, probabilmente, i sostenitori della norma sarebbero già stati molto felici di portare a casa nella scorsa legislatura, una fattispecie autonoma di reato. C’è stato un grande consenso in Commissione. Io sono convinto che sia fondamentale quest’ultima fase. Con onestà intellettuale, ammetto ed evidenzio che le pregiudiziali non sono fondate costituzionalmente, e lo dico, spero, aprendo un po’ di credito nei confronti di quelle forze politiche che oggi – ancora oggi – in Commissione, hanno forzato per cercare, forse, di fare il testo dal loro punto di vista perfetto, ma che non tenesse conto delle diverse sensibilità.

Quindi, il mio gruppo voterà contro le pregiudiziali, tenendo conto, però, con grande rispetto, di quelli che sono stati gli interventi che si sono svolti oggi. Ho apprezzato anche il tono, ho apprezzato le argomentazioni, ho apprezzato, diciamo, la voglia di discutere e di dibattere in quest’Aula. Ebbene, io diffido di quei gruppi che sono monolitici di fronte a questi argomenti: molto probabilmente, sono monolitici all’esterno, ma, nel voto segreto, si possono differenziare. Ebbene, noi abbiamo saputo manifestare questo dibattito: un grande partito, è importante, avanza nel suo dibattito culturale, nel suo approccio culturale, anche attraverso questi comportamenti».

Si è, infine, passati al voto a scrutinio segreto sulle questioni pregiudiziali di costituzionalità Giancarlo Giorgetti ed altri n.1, Giorgia Meloni e Cirielli n. 2, Pagano ed altri n. 3. Questo l’esito: presenti: 519, votanti: 505, astenuti: 14, maggioranza: 253, voti favorevoli: 100, voti contrari: 405.

Stupisce davvero l’incredibile superficialità con cui sono stati affrontati e liquidati i seri rilievi di compatibilità costituzionale delle norme in discussione. Gli effetti negativi di questo inspiegabile atteggiamento si potranno, purtroppo, vedere nella malaugurata ipotesi in cui questa legge dovesse essere approvata, quando ci si accorgerà delle concrete conseguenze in sede applicativa. E allora sarà troppo tardi per pentirsi. Resterà l’amara e magra soddisfazione di chi potrà affermare, a buon titolo e a testa alta, la classica frase consolatoria: «Noi l’avevamo detto!».

Fonte: La nuova bussola quotidiana quotidiano cattolico di opinione online – Siria, è l’Onu che riaccende la miccia.

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