Siria, tutti uniti contro Assad

di Gianandrea Gaiani 04-05-2015

La nascita, a fine marzo, di una nuova alleanza siriana tra movimenti armati islamisti che combattono il regime di Bashar Assad sembrerebbe indicare che l’Arabia Saudita e il Qatar hanno raggiunta una concreta intesa per mettere da parte le rivalità e sostenere le forze islamiste che combattono il regime di Bashar Assad.

Forgiatasi nelle ultime sei settimane con la conquista della provincia settentrionale di Idlib, l’alleanza battezzata Esercito della Conquista (Jaish al-Fatah) è composta da un ampio ventaglio di milizie salafite, qaediste e legate ai Fratelli Musulmani. Un’intesa finora inedita poiché i salafiti sostenuti dall’Arabia Saudita e le milizie dei Fratelli Musulmani appoggiate dal Qatar erano rivali tra loro così come il Fronte al-Nusra, braccio di al-Qaeda in Siria aveva sempre combattuto da sola la sua battaglia inglobando altre milizie della stessa ispirazione e assorbendo brigate dell’Esercito Siriano Libero.

Nel frastagliato e mutevole panorama dei gruppi anti governativi attivi in Siria la nascita dell’Esercito della Conquista potrebbe rappresentare una svolta in termini politici e militari favorendo gli sforzi di Doha e Riad per staccare al-Nusra da al-Qaeda e inserirla in una più vasta alleanza basata sul comune intento di trasformare la Siria in uno Stato islamico, rovesciando il regime sciita ma laico di Assad e contrapponendosi al tempo stesso al Califfato costituito dall’ISIS.

Sul piano militare al-Nusra rappresenta la principale componente della nuova alleanza insieme alla milizia salafita di Ahrar al-Sham, entrambe accreditate di almeno 15 mila combattenti. A questi gruppi si sono alleati la Legione del Levante che raccoglie 19 movimenti (incluso Faylaq al-Sham) che si riconoscono nei Fratelli Musulmani, la brigata Jund al-Aqsa nata da una costola di al-Nusra di cui disapprovava l’ostilità nei confronti dell’ISIS e altri gruppi salafiti filo-sauditi quali Liwa al Haqq, Jaysh al-Sunna e Ajnad al-Sham.

L’Esercito della Conquista coopera anche con formazioni ribelli moderate, come Fursan al-Haq e altri, in particolare nel nord a Hama, dove le diverse formazioni hanno fatto fronte comune contro le truppe di Damasco mettendo da parte rivalità ideologiche e personalismi dei rispettivi leader. L’intesa sta dando frutti evidenti sul piano militare dove i ribelli avanzano in diverse aree, da Aleppo a Jisr al-Shughur, città chiave per dare il via a una massiccia offensiva nella provincia di Hama e persino in quella di Latakia, roccaforte sciita e del clan degli Assad.

Nonostante le incessanti incursioni aeree dell’aeronautica di Damasco la scorsa settimana è stata catturata dai ribelli la base militare di al-Qarmid da cui i governativi stavano preparando una controffensiva verso Idlib. La caduta della base ha lasciato ingenti quantitativi di armi, mezzi e munizioni nelle mani dei ribelli.

L’eterogenea alleanza sembra funzionare anche nell’amministrazione delle aree strappate ai lealisti  dove l’autorità è stata condivisa nonostante la proposta del Fronte al-Nusra (bocciata dagli altri movimenti) di proclamare un Emirato in contrapposizione con il Califfato dell’ISIS.

L’ipotesi che i 5 mila miliziani siriani che verranno addestrati quest’anno in Turchia dai consiglieri militari statunitensi con l’appoggio di sauditi e qatarini (che hanno “selezionato” i volontari) siano destinati a rimpolpare i ranghi di questa alleanza islamista è più che un sospetto tenuto conto dei saldi rapporti tra Washington, Riad e Doha. I primi 123 militari statunitensi sono appena arrivati nelle basi turche di Adana e Hirfanli e inizieranno presto ad addestrare le reclute (15 mila in re anni) che secondo quanto dichiarato dal Pentagono dovranno “combattere l’ISIS” ma che più probabilmente finiranno per alimentare la guerra contro Damasco.

Del resto le monarchie del Golfo Persico che in questi anni hanno foraggiato e sostenuto la rivolta contro il governo siriano hanno più volte ribaditoi che per sconfiggere l’ISIS occorre abbattere il regime di Bashar Assad. Analisi ardita considerato che le truppe di Damasco sono il principale avversario militare dello Stato Islamico.

Restano quindi più che legittime le perplessità sul ruolo della Coalizione Internazionale che raggruppa Stati Uniti, Paesi Occidentali e Arabi, impegnata in Iraq a sostenere blandamente Baghdad contro l’ISIS e in Siria ad aiutare gli oppositori jihadisti di Damasco. L’Italia e gli altri Paesi  Occidentali sono di fatto alleati di Paesi arabi (a cui vendiamo insieme agli statunitensi miliardi di euro in armi) impegnati a sostenere miliziani islamisti jihadisti e di al-Qaeda che sul piano ideologico e delle efferatezze nulla hanno mai avuto da invidiare ai jihadisti dell’ISIS.

Washington sostiene in modo evidente la soluzione jihadista in Siria, dove è chiaro da tempo che l’alternativa al regime di Assad non è la democrazia ma la sharia e lo Stato islamico. L’Europa segue a ruota Washington e le petro-monarchie senza neppure chiedersi quali interessi stiamo sostenendo.

Sorgente: Siria, tutti uniti contro Assad

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