“Sulla Siria l’attivismo di Francesco è necessario” – Vatican Insider

Intervista al sociologo Luca Diotallevi vicepresidente del comitato scientifico e organizzatore delle Settimane sociali dei cattolici italiani.

iacomo Galeazzi
Città del Vaticano

“Solo la preghiera sconfigge il cinismo e l’opportunismo”. A spiegare a “Vatican Insider” il senso della “offensiva di pace” di papa Francesco sulla Siria è il sociologo Luca Diotallevi, vicepresidente del comitato scientifico e organizzatore delle Settimane sociali dei cattolici italiani.
Professore, nelle intenzioni di Francesco la mobilitazione per la Siria non è una “assoluzione” di Assad, un cedimento dettato dalla paura per la sorte delle comunità cristiane locali, un pacifismo “interessato” che mette sullo stesso piano i raid Usa e l’uso delle armi chimiche contro i civili.

 

Cosa non condivide nella posizione vaticana sulla Siria?
“Personalmente ho condiviso l’invito al digiuno e alla preghiera, l’invito a cercare nella Misericordia di Dio, che in Gesù si fa carne e parola, la forza e la luce per le nostre azioni. Il principio ed il fondamento avrebbe detto s.Ignazio. E condivido profondamente l’esigenza chiaramente esposta dal Papa, di domandarci se ci stiamo davvero prendendo cura dei fratelli. Condivido la sua condanna alla irresponsabilità. Certo, intorno a questa iniziativa di Papa Francesco, che si sta chiarendo pian piano, si è generata confusione ed opportunismo. Ma è un rischio che andava corso”.
Sant’Agostino e la costituzione conciliare “Gaudium et spes” insegnano che nel corso della storia non vi può essere pace perfetta, perciò lo sforzo dei cristiani è quello di regolare il conflitto per evitare che il debole soccomba. Quindi la forza militare va usata come strumento proporzionato e non può essere bandito a priori?
“Esattamente. Altrimenti non vedo perché Francesco avrebbe ricordato quelle parole stupende e precise di Paolo VI: «La pace si afferma solo con la pace, quella non disgiunta dai doveri della giustizia».

 

Pax opus iustitiae: è la dottrina della grande tradizione cristiana, quella che risuona anche nell’insegnamento conciliare: «Tutta intera la storia umana è infatti pervasa da una lotta tremenda contro le potenze delle tenebre; lotta cominciata fin dall’origine del mondo, destinata a durare, come dice il Signore, fino all’ultimo giorno. Inserito in questa battaglia, l’uomo deve combattere» (GS 37). Prendersi cura del fratello è un dovere che si pone anche quando si è testimoni della violenza sull’innocente. Quella violenza – senza produrre più male di quello che si può eliminare – va combattuta in tutti i modi possibili, ed in casi estremi anche con la forza fisica. La pace piena verrà alla fine, come dono, nella storia ci sarà sempre anche da combattere per la giustizia, e da diffidare di chi disarma il diritto. Non dimentichiamo quella che Papa Ratzinger chiamava «via istituzionale alla carità» (CV n.7). Benedetto XVI che ci ha indicato uno dei punti paradigmatici del Vaticano II nella Dignitatis humanae, dove la cura dell’ordine pubblico, che non può rinunciare a priori all’uso della forza, è una componente costitutiva del bene comune (componente che è compito della politica assicurare)”.


Vede un pericolo-demagogia nella posizione di papa Bergoglio sulla Siria?

“Sì, ma è un pericolo che non deve paralizzare, ma che va corso. Era  un rischio anche condividere digiuno e preghiera con altri, per cui il digiuno non è preparazione al banchetto eucaristico e la preghiera non è in Gesù. Ma Papa Francesco ha fatto molto bene a farci correre questo rischio, costringendoci a riscoprire e offrire il senso specificamente cristiano di preghiera e digiuno”.
La Chiesa, secondo la definizione di Wojtyla, è pacificatrice e non pacifista, quindi la costruzione della pace può servirsi della forza legittima?
“Certo, in casi estremi, ma che non possono essere esclusi a priori. Questo è chiaro ai cristiani per lo meno dal 1600 anni, dal De Civitate Dei di sant’Agostino che tanto ha ispirato l’idea occidentale e particolarmente anglosassone di costituzionalismo e di democrazia. Un esempio chiarissimo ci viene dalla storia europea. Quella che oggi chiamiamo Unione Europea è un prodotto politico che dopo secoli ha fatto cessare le guerre nell’Europa occidentale, focolai di Guerre Mondiali, ed ha abbattuto la pretesa di assolutezza degli Stati. Questo processo è un esempio di cosa significa regolare il conflitto, di quale genere di pace è possibile nella storia. Ma saremmo mai arrivati sin qui se non avessimo anche sconfitto militarmente nazismo e fascismo? Se non avessimo anche fronteggiato in armi il comunismo? E ancora: non avremmo forse potuto intervenire più tempestivamente e più efficacemente nei Balcani se, come era negli auspici dei fondatori (tra cui De Gasperi), avessimo dato vita anche alla Comunità Europea di Difesa? C’è un che di immorale nell’essere solo consumatori di sicurezza (a spese degli Stati Uniti) e non anche produttori di sicurezza. E’ un modo di sottrarsi ad uno dei doveri derivanti dalla responsabilità per il bene comune.

Il direttore del Foglio, Giuliano Ferrara, “ateo devoto” compagno di battaglie dei cattolici su vita e famiglia è categorico.”Si può digiunare contro il ritorno dei talebani in Afghanistan, e della sharia, ma digiunare per paura della guerra giusta, quando la guerra civile è in corso, quando le armi chimiche ne esaltano il sapore umanamente tossico, questo mi sembra il colmo dell’assurdo”. E’ d’accordo?
“Solo in parte. Credo che pregare, digiunare ed agire siano urgentissimi in ogni tempo, l’uno si radica negli altri. Ce lo testimoniano i politici santi, da Tommaso Moro a don Luigi Sturzo. Il cinismo e l’opportunismo (di cui altri politici “cattolici” si sono fatti banditori) si sconfigge solo in quella lotta della coscienza che si chiama preghiera”.
Ad avere dubbi sull’iniziativa di Francesco sono soprattutto i cattolici Usa, inclusi quelli (sia democratici sia repubblicani) con incarichi istituzionali. Trasversalmente favorevoli ai raid in Siria sono lo “speaker” del Congresso americano, il repubblicano John Boehner, e i vertici democratici Joe Biden, John Kerry, Nancy Pelosi. Perché questa opposizione “bipartisan” a Roma?
“Perché c’è stata confusione, e poi perché il modo sta cambiando e cambiano le linee di confine, non solo i confini materiali, ma anche quelli spirituali e culturali. La fine della pretesa di assolutezza da parte degli Stati è qualcosa di estremamente positivo nella prospettiva dell’insegnamento sociale della Chiesa, ma apre uno scenario completamente nuovo, in cui tutto, anche il senso ed il limite del ricorso alla forza militare, prende significati nuovi. Stiamo imparando. Speriamo di farlo in fretta”.

Fonte: “Sulla Siria l’attivismo di Francesco è necessario” – Vatican Insider.

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