Un «pensiero unico» aggredisce i cristiani e calunnia Pio XII | La Nuova Bussola Quotidiana

di Massimo Introvigne

Il 14 giugno 2014 «L’Osservatore Romano» ha pubblicato in traduzione italiana l’intervista a Papa Francesco uscita il giorno prima sul quotidiano spagnolo «La Vanguardia». Le interviste, come sanno i nostri lettori, non sono encicliche, ma quando a parlare è il Papa è normale che destino un interesse planetario. E questa volta il Pontefice ha parlato soprattutto di cinque grandi temi di rilievo internazionale: la persecuzione dei cristiani nel mondo, la pace in Medio Oriente, l’antisemitismo, le riforme nella Chiesa Cattolica, la crisi economica.

Primo: i cristiani perseguitati. Pochissimi parlano di questo tema e c’è chi mette in dubbio le statistiche secondo cui si uccidono più cristiani in odio alla loro fede oggi rispetto a quanto avveniva al tempo delle peggiori persecuzioni dell’Impero romano. Perfino organi di stampa cattolici si uniscono a questo attacco ai dati statistici, elaborati principalmente dagli studiosi americani David Barrett (1927-2011) e Todd Johnson. Ma il Papa non è d’accordo. «I cristiani perseguitati – dichiara – sono un problema che mi tocca da vicino come pastore. So molte cose sulla persecuzione che non mi sembra prudente raccontare qui per non offendere nessuno. Ma ci sono dei luoghi dove è proibito avere una Bibbia o insegnare catechismo o portare una croce… C’è una cosa che voglio però mettere in chiaro: sono convinto che la persecuzione contro i cristiani oggi sia più forte che nei primi secoli della Chiesa. Oggi ci sono più cristiani martiri che a quell’epoca. E non è una fantasia, lo dicono i numeri».

Secondo tema: la pace in Medio Oriente e la «diplomazia della preghiera» del Papa. È possibile? Serve a qualcosa? Anzitutto, risponde il Pontefice, un cristiano non può non avere a cuore la Terrasanta, perché «per noi tutto è cominciato lì. È come il paradiso in terra, un’anteprima di ciò che ci attende nell’aldilà, nella Gerusalemme celeste». A proposito dell’incontro con i presidenti israeliano e palestinese, Papa Francesco ricorda che «qui, in Vaticano, c’erano il 99 per cento delle persone che dicevano che non si sarebbe fatto e poi quell’uno per cento è cresciuto. Io sentivo che venivamo spinti verso qualcosa che non si era mai verificato e gradualmente ha preso forma».  Il Pontefice aggiunge che il fondamentalismo, non solo in Medio Oriente, fa danni anche quando non ricorre al terrorismo, perché già la stessa «mentalità del fondamentalismo è violenza in nome di Dio».

Terzo tema: l’antisemitismo, il negazionismo che nega che l’Olocausto sia avvenuto e le critiche al venerabile Pio XII (1876-1958). Durante il viaggio in Terrasanta di Papa Francesco, una parte della stampa israeliana ha riproposto le solite polemiche su Papa Pacelli. Francesco risponde che «su Pio XII, il Papa che ha guidato la Chiesa durante la Seconda Guerra Mondiale, hanno gettato di tutto. Ma molti ebrei sono stati nascosti nei conventi di Roma e di altre città italiane, anche nella residenza estiva di Castel Gandolfo. Lì, nella stanza del Papa, sono nati 42 bambini, figli di ebrei e di altri rifugiati perseguitati lì. Non che Pio XII non abbia commesso errori, anche io ne faccio un sacco, ma il suo ruolo deve essere letto nel contesto del tempo. Era meglio denunciare col rischio di altre perdite o tentare di salvare delle vite?». «Mi prende un’orticaria esistenziale», aggiunge il Pontefice, «quando vedo che tutti se la prendono contro la Chiesa e Pio XII, e dimenticano le grandi potenze. Sapete che sapevano perfettamente che esisteva la rete ferroviaria dei nazisti per portare gli ebrei nei campi di concentramento? Avevano le foto. Ma nessuno ha bombardato i binari del treno».

Papa Francesco ribadisce quanto aveva affermato in Terrasanta, che «non si può vivere il cristianesimo se non riconoscendo le radici ebraiche» e che un cristiano non può essere antisemita. Oggi l’antisemitismo è «una ragnatela che si estende a destra come a sinistra», anche se riesce ad «annidarsi meglio nelle correnti politiche di destra». Nella Chiesa, in ogni caso, non c’è posto per chi nega l’Olocausto, definito «un pazzo» dal Pontefice.

Quarto tema: le riforme nella Chiesa. Alla domanda se sarà ricordato come il Papa di una profonda rivoluzione nella Chiesa, Francesco risponde citando una canzone italiana che attribuisce a Mina – in realtà era di Iva Zanicchi – e afferma che «dovremmo chiedere come in quella canzone: prendi questa mano zingara…». Più seriamente, Papa Francesco invita a non contrapporre riforma e Tradizione. Ogni riforma nella Chiesa parte dal «leggere a fondo il passato e vedere che cosa contiene». Si tratta dunque di «andare alle radici, riconoscerle e vedere cosa hanno da dire al giorno d’oggi».

Il Papa ammette che, se c’è qualcosa di nuovo, è il suo stile che qualche volta non si conforma ai protocolli e mette in crisi anche la sicurezza. Ma Francesco preferisce correre qualche rischio sul piano della sicurezza – «è vero che tutto può accadere, ma alla mia età non ho molto da perdere» – e mantenere un’abitudine di contatto diretto e cordiale con chi va ad ascoltarlo. Non è invece solo una questione di stile il richiamo alla povertà, che è «il cuore del vangelo. Non si può capire il Vangelo senza povertà». Attenzione, però: la povertà «deve essere distinta dal pauperismo», che è solo la sua contraffazione retorica.

Quinto tema: la crisi economica globale e il «pensiero unico» che i poteri forti vogliono imporre. «Quando vedo le immagini di bambini malnutriti – afferma il Papa – in varie parti del mondo, penso che siamo in un sistema economico globale non buono. È dimostrato che con gli avanzi potremmo nutrire le persone che soffrono la fame. Al cuore di ogni sistema economico deve esserci l’essere umano. Invece hanno messo i soldi, il dio denaro, al centro di tutto. Sono caduti nel peccato di idolatria, l’idolatria del denaro. L’economia si muove con uno spasmodico desiderio di avere sempre di più e, per arrivarci, ha generato la cultura dello scarto». Né si tratta solo di economia. Gli stessi poteri forti ci impongono un «pensiero unico che toglie la ricchezza della diversità di pensiero e quindi la ricchezza di un dialogo tra le persone».

«La Vanguardia» si pubblica a Barcellona e non poteva mancare una domanda sul separatismo che vorrebbe l’indipendenza della Catalogna dalla Spagna. «Ogni caso – risponde il Papa – deve essere studiato a sé. Scozia, Padania, Catalunya… ci saranno casi in cui sarà giusto e casi in cui sarà ingiusto, ma la secessione di una nazione senza una storia di unità forzata deve essere presa con molte pinzette e analizzata caso per caso».

L’intervista, come è consuetudine di Papa Francesco, ha toccato anche aspetti personali. Forse consapevole di discussioni giornalistiche in corso sul tema, il Papa ha affermato che la rinuncia la ministero petrino di Benedetto XVI «ha aperto una porta, ha creato un’istituzione», quella del Papa emerito, e che anche Francesco è pronto a dimettersi il giorno in cui ritenesse che la sua salute non lo renda più in condizione di guidare la Chiesa. Insieme a questi temi molto seri, non sono mancate battute di spirito, come quella relativa alla faticosa promessa di neutralità che i brasiliani gli hanno strappato per il mondiale di calcio e la storica rivalità tra Brasile e Argentina. Era prevedibile che i media dessero spazio soprattutto a queste battute – come a quella finale secondo cui Francesco vorrebbe essere ricordato dagli storici come «un bravo ragazzo, che ha fatto quello che poteva» -: ma, come si è visto, l’intervista ha avuto al suo centro temi cruciali per il mondo e per la Chiesa.

Fonte: Un «pensiero unico» aggredisce i cristiani e calunnia Pio XII.

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