Un prete irlandese accusato di aver un figlio segreto viene messo alla gogna in Irlanda. E’ falso. E la trasmissione chiude

Si chiama “Prime Time Investigates”, ed è un programma tv ritenuto in Irlanda un modello di giornalismo di inchiesta. Nessuna reverenza nella trasmissione, che svelava i misfatti degli intoccabili: politici, preti, grandi imprenditori. Una trasmissione di successo. Che però è incappata in Kevin Reynolds, ex missionario in Kenya e oggi parroco in Irlanda. Una segnalazione aveva accusato Reynolds di aver stuprato una ragazza in Kenya, e di averla messa incinta. Una troupe è volata in Kenya, per cercare la ragazza e magari filmare il “figlio del peccato”. Non è riuscita a raccogliere la documentazione necessaria. A Reynolds non è stato nemmeno reso possibile di dare la sua versione dei fatti, e la sua disponibilità a fare il test di paternità (che poi è risultato negativo) è stata ignorata. La trasmissione è andata in onda. Ma Reynolds è andato in tribunale. E la televisione irlandese si è dovuta scusare, e ha risarcito il parroco con 1 milione di euro. Di più: un rapporto dell’Authority per la Comunicazione irlandese ha – di fatto – portato l’emittente che la trasmetteva a decidere per la chiusura della trasmissione. Cui l’ansia da scoop ha giocato un brutto scherzo.

Succede in Irlanda, dove da poco si è conclusa la visita apostolica alla Chiesa di Irlanda, disposta da Benedetto XVI per fare il  punto sulla crisi degli abusi, e dove Charles J. Brown, il nuovo nunzio arrivato all’inizio dell’anno, un non diplomatico scelto per la sua autorevolezza e per la competenza maturate presso la Congregazione della Fede, che ha anche il suo daffare con i disobbedienti irlandesi (la Congregazione per la Dottrina della Fede ha recentemente ammonito padre Tony Flannery, redentorista di Limerick, che guida un’associazione di circa 900 preti che esprime posizioni favorevoli al sacerdozio femminile, denuncia la gravità degli scandali sessuali nella chiesa e non condivide le posizioni del Vaticano sulla contraccezione). Succede in Irlanda dove lo scandalo di un sacerdote non può non fare notizia, date le posizioni del governo irlandese nei confronti del Vaticano, particolarmente ostili (e questo al di là della decisione, per motivi economici, di chiudere la residenza dell’Ambasciata Irlandese preso la Santa Sede, senza chiudere le relazioni diplomatiche).

Insomma, è una notizia che fa audience. E non c’è da meravigliarsi se Prime Time Investigates non ha badato a spese, e ci si sia lanciata sopra, inviando persino una troupe in Kenya. Ma non ha tenuto conto della versione dei fatti di Reynolds. E, senza peraltro avere documentazione, ha mandato comunque la trasmissione in onda il 23 maggio 2011, con il titolo “Mission to prey” (Missione Predare), che gioca sull’assonanza con l’azione missionaria denominata “Mission to Pray” (Missione Pregare). Sono bastati filmati generici per mettere alla gogna il sacerdote, il quale è stato subito sospeso per prudenza dal servizio pastorale in diocesi. Reynolds però non ci sta. Smonta una per una le accuse, e porta le prove alla magistratura. Che, prove alla mano, gli dà ragione.

Prime Time investigates chiede pubblicamente scusa, ammette che le sue trasmissioni sono state “profondamente diffamatorie”, e si dice disposta a pagare le spese legali e quelle di risarcimento per i danni morali e all’immagine. Un milione di euro.

Ma la questione non si è chiusa. Perché il governo ha chiesto un rapporto all’Authority per le Comunicazioni. E stralci di questo rapporto – guidata dall’ex responsabile dell’Authority di controllo della Bbc per il Nord Irlanda Anna Garragher – sono stati anticipati il 10 aprile scorso sull’Irish Times. La notizia è recentissima, eppure in Italia è passata quasi inosservata. Solo il quotidiano La Sicilia gli ha dedicato un lungo articolo, firmato da Giuseppe Di Fazio. Il quale ha commentato: “Il rapporto è un atto d’accusa impietoso contro il falso giornalismo d’inchiesta che «usa i fatti per confermare i propri pregiudizi» e che, in nome della legge dello scoop, non si crea scrupoli a mettere alla gogna persone innocenti”.

E così Rte – la tv che mandava in onda Prime Time Investigates – ,  a seguito dell’inchiesta giudiziaria e del rapporto dell’Authority la tv irlandeseRte, il 3 aprile scorso, ha creduto opportuno di cancellare la trasmissione dal palinsesto, “testimoniando  – chiosa ancora Di Fazio – ancora una volta che un giornalismo drogato di protagonismo porta al suicidio dell’informazione”.

Fonte: www.korazym.org.

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