…Una parabola per coloro che si ritenevano giusti

“Sono un peccatore al quale il Signore ha guardato”: credo che tutto il segreto del fascino di Papa Francesco stia in questa limpida coscienza con cui ha definito se stesso nell’intervista rilasciata a Civiltà Cattolica. È una coscienza che lo lancia nell’incontro con ogni uomo, e che lo fa testimone del miracolo impossibile, che può diventare realtà.
Così acquistano nuovo calore e colore le parole di Gesù, così spesso udite: a cominciare dalla parabola del figliol prodigo (che evidenzia la durezza di cuore del figlio maggiore che si riteneva “giusto”) al mandato degli apostoli, con l’invito a “scuotere la polvere dai sandali” di fronte alla testarda rinuncia a riconoscere la misericordia di Dio, che aveva un volto umano.
E di fronte a questo “spettacolo” meraviglioso, lo sconcerto è leggere di coloro che usano le parole del Papa come una clava contro “gli altri”: quelli che vengono chiamati, con disprezzo, i “bigotti”, i “cattolici a cui non va giù Papa Francesco”…

Ma stiamo scherzando? Il Papa ci mostra una meravigliosa grandezza d’animo e alcuni, come i farisei della parabola, sono lì a pensare che queste parole giudichino gli altri, mentre loro si ritengono coloro che hanno veramente capito, e quindi non mettono mai in discussione se stessi. Loro sì che sono a posto.
Penso proprio che la conversione richiesta da papa Francesco sia un processo, lungo e laborioso, che chiede a tutti noi un cuore semplice.
La conversione non ha bisogno di giudici autocertificatisi “buoni” nei confronti dei soliti “bacchettoni”, “integralisti” e via dicendo.
La conversione è un invito a tutti noi: a me che scrivo e a te che leggi. A cambiare mentalità e atteggiamento, a vivere come quei “peccatori guardati da Cristo” che non si ergono a giudici degli altri e che vivono nella gioia della misericordia.
Per la conversione non si tratta di “restyling” (come indicava il Gattopardo: “cambiare tutto perché nulla cambi”): è questo cambiamento reale che potrà dare speranza agli uomini.

Post scriptum: la lettera del Papa emerito Benedetto a Odifreddi ci ricorda che un autentico dialogo esige verità e non si ferma ad irenismo sentimentale. Del resto ce lo ha ricordato anche Papa Francesco parlando dell’atteggiamento dei confessori: «Il confessore corre sempre il pericolo di essere o troppo rigorista o troppo lasso. Nessuno dei due è misericordioso, perché nessuno dei due si fa veramente carico della persona. Il rigorista se ne lava le mani perché lo rimette al comandamento. Il lasso se ne lava le mani dicendo semplicemente “questo non è peccato” o cose simili. Le persone vanno accompagnate, le ferite vanno curate».
Si tratta allora di ripartire con coraggio e umiltà

Fonte: …Una parabola per coloro che si ritenevano giusti.

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