Una strategia fallimentare

di Riccardo Cascioli0   6-03-2013

Aereo militare americano: un gruppo di soldati mandati a combattere in un paese non identificato dell’America Latina, sono pronti  a lanciarsi con i paracadute. A un certo punto uno di loro chiede al comandante: «Ma questa volta con chi combattiamo, con il governo o con i ribelli?». Decisa la risposta del comandante: «Metà da una parte e metà dall’altra. Stavolta la Cia non vuole correre rischi». E’ una scena esilarante di un vecchio film di Woody Allen, Il dittatore dello Stato libero di Bananas. Torna alla mente riguardando quella che è stata la strategia della Chiesa italiana per le ultime elezioni: cattolici piazzati un po’ in tutti i partiti, per poter contare su un voto trasversale in Parlamento nel momento in cui si presenterà la discussione sui temi eticamente sensibili.

L’idea in realtà non era nuova, l’aveva già sperimentata il cardinale Camillo Ruini nelle elezioni del 2008 e si era già allora rivelata impraticabile, al punto che l’on. Paola Binetti, eletta nelle liste del Pd, fu costretta a migrare nell’Udc. Ma allora le candidature “riconosciute” nella sinistra furono molto limitate, il quadro politico era molto più semplice e comunque era evidente che la maggior parte dei cattolici si trovavano nel Pdl e nell’Udc. Non solo la lezione Binetti non è servita, ma in questa tornata si è voluto fare le cose in grande, incentivando e valorizzando al massimo la presenza dei cattolici in tutte le liste, inclusa Rivoluzione civile. Per averne una prova basta riprendere lo speciale che il quotidiano della Cei, Avvenire, ha dedicato alle elezioni: si è arrivati addirittura a teorizzare l’assoluta compatibilità della presenza dei cattolici nelle liste dei grillini.

Inoltre, si è buttata a mare la presenza dei cattolici nel Pdl – basti solo citare la dura risposta del direttore di Avvenire Marco Tarquinio all’onorevole Antonio Palmieri che ricordava quanto aveva fatto il Pdl per la difesa dei princìpi non negoziabili – individuando in un primo momento in Mario Monti il nuovo punto di riferimento  dei cattolici. In realtà il presidente della Cei, il cardinale Angelo Bagnasco, si è reso conto abbastanza in fretta dell’errore (non così Avvenire) ma ormai il messaggio era passato.

I risultati elettorali dicono chiaramente il fallimento di questa strategia, sia dal punto di vista dei numeri sia dal punto di vista dei contenuti.

I numeri anzitutto: l’esiguità del vantaggio del Pd dice chiaramente quanto possa aver contribuito il voto dei cattolici, considerato che i candidati nel Pd sono anche esponenti di rilievo di associazioni e gruppi ecclesiali. Per capirne le conseguenze basta andarsi a riascoltare l’intervento di Stefano Rodotà – non a caso ora il suo nome corre fra i candidati al Quirinale – qualche sera fa a Otto e Mezzo: si fa il tifo per un governo Pd-grillini così che anche sui temi “sensibili” (matrimonio gay, aborto, fecondazione assistita) si possa procedere senza più i freni imposti dai cattolici.

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