Unioni gay, Roccella contro Galan | Tempi.it

giugno 10, 2013 – Francesco Amicone

Dalla Manif di Parigi al Parlamento, Roccella difende la famiglia. «Galan vuole riconoscere le unioni gay ma l’uguaglianza non è l’assimilazione delle differenze»

«Non si chiamano matrimoni come in Francia, ma è solo un fatto semantico». Una cosa di poco conto, per Giancarlo Galan (Pdl), che ha depositato un disegno di legge per il riconoscimento delle unioni civili omosessuali. «L’intenzione dell’ex ministro della Cultura, nei fatti, è sancire per legge, aggirando la Costituzione, una rivoluzione radicale del matrimonio», spiega a Tempi Eugenia Roccella. La parlamentare del Pdl è alla testa di chi, nel partito, non la pensa come Galan. È appena tornata dalla Francia, dove ha partecipato alla Manif pour tous, contro il matrimonio gay introdotto dal presidente François Hollande. Una manifestazione spontanea per difendere il diritto elementare ad avere un padre e una madre. Un diritto che «le unioni civili e il matrimonio omosessuale mettono in discussione».

Roccella obietta alle argomentazioni di Galan, spiegando che si tratta di «luoghi comuni, che non hanno radici». «Capisco che sia un piacere essere coccolati dalla stampa di sinistra, ma l’esperienza di Gianfranco Fini dovrebbe essere illuminante». «L’offerta politica per chi vuole l’appiattimento culturale è amplissima. Se anche il Pdl dovesse piegarsi, il popolo che avversa la modernità calata dall’alto, a chi dovrà rivolgersi?», si chiede Roccella. Come già Fini, anche Galan sostiene che il matrimonio gay sia marcatamente “liberale”. A sinistra sostengono che sia marcatamente di sinistra. Puntellando da ambo le parti, gli sponsor dei matrimoni gay hanno ottenuto un’ampia convergenza politica. «Eppure di liberale, i matrimoni gay non hanno niente», spiega Roccella. Probabilmente neanche di sinistra, sebbene, la cultura dell’ex Pci, fallita l’idea socialista, abbia abbracciato ciò che già cinquant’anni fa Pier Paolo Pasolini aveva definito “permissivismo”.

Non è una questione economica
«Un liberale, come ama definirsi Galan, dovrebbe sapere almeno due cose», continua Roccella: «Primo, che l’uguaglianza non è appiattimento che non riconosce differenze, ma uguaglianza di opportunità per tutti gli esseri umani. Secondo, che lo Stato non deve regolamentare ogni forma di rapporto privato, compreso quello di coppia. Lo Stato non può regolamentare l’“amore”, che è un’altra cosa rispetto al matrimonio». «Il liberale sostiene che ogni diversità va rispettata, e non prevaricata per fini ideologici». E poi c’è il discorso di opportunità politica: «Chi vuole l’uguaglianza obbligata vota a sinistra. Una forza politica che si rivolge a un altro elettorato dovrebbe capire almeno questo». Cos’è l’uguaglianza per un liberale? «L’uguaglianza nella dignità, per ogni essere umano», risponde la parlamentare del Pdl. «Non l’assimilazione forzata delle differenze». Un concetto su cui si è espressa, da un’altra posizione, Julie Bindel, lesbica britannica, attivista dei diritti gay, che si è detta inorridita dalla volontà del movimento gay di accedere al matrimonio per «imitare la struttura famigliare eterosessuale». E della stessa opinione è un altro omosessuale, un gay dichiarato da tempi non sospetti come Rupert Everett. E che dire degli omosessuali che si sono associati in Homovox e hanno partecipato alla Manif pour tous contro il matrimonio omosessuale? Vogliono forse rinunciare ai propri diritti? «Evidentemente non è così».

A chi afferma che le unioni civili servano soltanto a dare un riconoscimento ad alcune coppie altrimenti senza tutele, Roccella obietta che le «le norme di tutela sono già riconosciute dalla legge e da una giurisprudenza consolidata. In ogni caso, non è ciò che interessa a chi propone le unioni civili e i matrimoni gay». Questioni di denaro, allora? «Nemmeno. Gli strumenti come la pensione di reversibilità non sono un privilegio. Furono introdotti come blando, tardivo, riconoscimento al lavoro di cura delle donne che non avevano lavoro extradomestico. Allargarlo, poi, significherebbe far saltare il nostro welfare». Invece il problema «è lo svuotamento del matrimonio fondato sulla differenza sessuale e del matrimonio come istituzione. Già dire, come hanno fatto i francesi, “mariage pour tous”, significa trasformare il matrimonio in un diritto esigibile da ogni individuo, ignorando che è fondato sulla tutela dei figli».

roccella-jpeg-crop_displayL’amore non è un’istituzione
E sullo svuotamento del significato del matrimonio non ci possono essere dubbi. Esso è fondato sull’unione fra due individui di sesso opposto. «È una realtà iscritta nella natura degli esseri umani: perché un figlio è generato da una madre e da un padre». Non c’è nulla di ideologico: è semplicemente elementare. “Un père, une mère, c’est élémentaire”. “Un père, une mère. C’est complémentaire”. Sono solo alcuni degli slogan della Manif pour tous: «Un bambino ha bisogno di un padre e di una madre. Quello che si vuole far passare è che questa cosa elementare, naturale, evidente, non sia vera».

«Lo Stato non entra nella questione “con chi stai” e “con chi fai coppia”», insiste Roccella. «Legifera su ciò che è di interesse per la comunità». In questo caso il matrimonio interessa la comunità perché ha come obiettivo sociale la tutela dei figli. «Ampliarlo alle coppie omosessuali, vuol dire snaturarlo. Da istituzione che serve a proteggere i bambini, diventa diritto esigibile da chiunque, ignorando la sua funzione nello sviluppo dell’essere umano e nel benessere sociale». Il matrimonio non è una vecchia idea, non è il simbolo della fantomatica “dittatura eterosessuale binaria”, come sostengono alcune femministe radicali. È un’idea progressista, «un’istituzione che riconosce la responsabilità della generazione, che legittima i figli consentendogli di riconoscersi in un rapporto diretto con chi li ha generati». Altra cosa è l’amore, che però «non può essere trasformato in istituzione, perché attiene a una sfera di libertà personale». Se si vuole legiferare sui rapporti personali, «perché non aprire alla poligamia? Non c’è amore nei rapporti poligami?». Sulla base dell’idea «comunista» di uguaglianza sarebbe una discriminazione negativa escludere la poligamia dal riconoscimento.

manif-pour-tous15Un diritto esigibile?
Avere una madre e un padre è un diritto non esigibile? Purtroppo chi potrebbe avanzarlo, i figli, non ha voce in capitolo, a differenza dei gruppi di pressione organizzati che premono attraverso i media per attuare i propri progetti economici e politici. Il matrimonio gay è ciò che serve a chi vuole spezzare la catena biologica che lega figli e genitori. Si parla di adozioni quando «in realtà, le adozioni sono in calo», afferma Roccella. E si capisce perché. «Sono i figli ottenuti in laboratorio a legittimare il matrimonio fra coppie dello stesso sesso». Lo sanno i “rivoluzionari” che hanno inventato il mercato dei figli, sottraendoli alla tutela del matrimonio, consentendo che la «procreazione assistita spezzasse la catena biologica, abolendo l’idea di maternità e paternità». «Questa è l’alternativa progressista al matrimonio: un figlio che ha quattro genitori biologici e due sociali». Confusione che rischia di ripercuotersi anche sulla loro salute. «La promiscuità genetica è un pericolo evidente. Perché le risposte a queste enormi obiezioni sono lasciate agli apprendisti stregoni della scienza?». Lascia perplessi come ci sia «un grande accento sul biologico, sul rispetto della natura, sull’integrità dei processi di crescita degli animali, delle piante, e si ignori completamente questo aspetto sugli esseri umani. Sulla natura umana noi interveniamo in maniera radicale senza porci il problema». In fondo, spiega Roccella, «c’è un problema di alfabeto culturale. Che cosa vuol dire diritto, istituzione, generazione?». Non ce lo chiediamo nemmeno. Dimentichiamo l’elementare: «Che cosa vuol dire avere una madre e un padre». Arrancando su slogan logori, «stiamo sconvolgendo l’alfabeto umano. Affermiamo diritti astratti, che non sono diritti, e feriamo diritti reali, che rispondono ai bisogni molto concreti delle persone più fragili». C’è bisogno di dare battaglia per difendere «il diritto elementare dei bambini, dei figli del genere umano, di avere una mamma e un papà». Perché «i sentimenti umani non cambiano con la velocità con cui modifichiamo la legge». E la manifestazione francese, a cui Roccella ha partecipato, ne è segno: «Quei ragazzi hanno capito quale orizzonte si stia disegnando nel loro futuro. Manifestano perché vogliono poter continuare a dire, ed essere chiamati a loro volta, mamma e papà».

Fonte: Unioni gay, Roccella contro Galan | Tempi.it.

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