VIETNAM
 Vinh: una folla accoglie il giovane cattolico Chu Manh Son, rilasciato dalla prigione – Asia News

Prigioniero di coscienza, egli ha scontato per intero i 30 mesi di condanna al carcere per “propaganda contro lo Stato”. Studente e membro attivo di organizzazioni cristiane, è stato accolto con calore e commozione dall’intera comunità. Ora dovrà trascorrere ancora un anno ai domiciliari.

Vinh (AsiaNews/EdA) – La comunità cattolica di Vinh, nel nord del Vietnam, festeggia la liberazione di Chu Manh Son, prigioniero di coscienza, che ha scontato (per intero) la condanna a 30 mesi di carcere per aver infranto l’articolo 88 del Codice penale. La norma punisce quanti promuovono una “propaganda contro lo Stato”, ma in realtà è usata (e abusata) dalle autorità per reprimere il dissenso e rinchiudere in prigione attivisti e oppositori politici. Il giovane cattolico ha lasciato la cella il pomeriggio del 2 febbraio e ha potuto tornare a casa, accolto “con calore” da familiari, amici e membri della comunità cristiana locale. Fonti cattoliche della zona raccontano infatti di una folla “numerosa e commossa”, composta in gran parte dai fedeli della parrocchia di Duc Lân – diocesi di Vinh, nella provincia di Nghê An – da alcuni familiari e moltissimi militanti cattolici, giunti da tutta la provincia.

Il 25enne Chu Manh Son, prima del suo arresto, era uno studente attivo e partecipe dell’Università di Nghê An, dove seguiva il corso di laurea in Medicina; egli era anche un militante iscritto al Movimento Giovanni Paolo II a difesa della vita. Era inoltre impegnato nella lotta per la giustizia e la verità, tutte attività considerate dalle autorità civili come una “propaganda anti-governativa”.

Egli era parte di un gruppo di 17 cattolici della diocesi di Vinh e Thanh Hoa arrestati dagli agenti della pubblica sicurezza – senza alcun mandato – tra la fine di giugno 2011 e il dicembre dello stesso anno. Son era stato fermato il 3 agosto e condannato il 26 settembre 2012 a 30 mesi di prigione; ha scontato la pena nel carcere di Phu Son, nella provincia di Thai Nguyên (Vietnam del nord). Ora dovrà trascorrere ancora un anno ai domiciliari, sotto sorveglianza e privato di alcune libertà fondamentali.

Da tempo in Vietnam è in atto una campagna durissima del governo contro dissidenti, blogger, leader religiosi (fra cui buddisti), attivisti cattolici o intere comunità come successo lo scorso anno nella diocesi di Vinh, dove media e governo hanno promosso una campagna diffamatoria e attacchi mirati contro vescovo e fedeli. La repressione colpisce, come in questo caso, anche singoli individui, colpevoli di rivendicare il diritto alla libertà religiosa e al rispetto dei diritti civili dei cittadini.

A fronte di una popolazione di circa 87 milioni di persone, i buddisti sono il 48%; i cattolici poco più del 7%, seguiti dai sincretisti al 5,6%; infine, vi è un 20% circa che si dichiara ateo. Pur essendo una minoranza (sebbene significativa), la comunità cristiana è attiva in particolare nei settori dell’educazione, sanità e sociale. Di contro, la libertà religiosa è in costante diminuzione: l’introduzione del Decreto 92 ha imposto, di fatto, maggiori controlli e restrizioni alla pratica del culto, che è sempre più vincolata ai dettami e alle direttive del governo e del Partito unico comunista.

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