Vuoto a perdere – Prolife News

La cultura della morte pretende che la Vita, il nascere e il morire, siano del tutto controllabili: conseguentemente l’uomo diviene un oggetto disponibile. E chi ha il potere di disporre degli altri? I più forti

La notizia/domanda è comparsa su una rivista per specialisti, il New England Journal of Medicine dell’Aprile 2013: Made-to-Order Embryos for Sale – A Brave New World? (Embrioni in vendita, fatti su ordinazione – un nuovo mondo coraggioso?). Gli autori rispondono che, giacché gli embrioni si possono distruggere, logica vuole che si possano anche vendere.
Altro non ci si può aspettare da una mentalità che ha fatto dell’uomo un oggetto e che ormai non è più in grado di distinguere le cose dalle persone: la persona può essere trattata come un vuoto a perdere. Quando il contenuto gradevole per cui la si è generata (il desiderio di maternità, la piacevolezza delle sensazioni, la corrispondenza di amorosi sensi) dovesse finire o nascondersi troppo, a che servirebbe il contenitore? Analogamente, quando la coscienza, l’autonomia o la salute dovessero scomparire dal contenitore “corpo”, verrebbe meno anche la ragione per cui continuare a vivere e a far vivere.
La morte diventa così un presidio terapeutico, un’opzione tra le altre, talvolta addirittura un indice di progresso. La natura, però, si ribella e genera sconforto, disperazione e depressione: le stigmate della modernità.
L’insistenza con cui taluni vogliono imporre i registri civili per legittimare ogni aspetto privato e personale della vita, dal provare affetto per un altro, al decidere le cure da ricevere, ci dice proprio di una terribile paura che nasce dalla disistima del bene “vita umana”. Oggi, qualcuno sente l’esigenza di andare dal notaio per essere certo che bisogna voler bene alla mamma?
In Italia ancora no, ma in Cina da poco una legge obbliga i figli a non abbandonare i genitori e a far loro visita. Forse anche a non praticare l’eutanasia? Questo non so: se l’abbandono di ampie fasce di popolazione anziana – a fronte di pochi giovani decimati dalla feroce politica del figlio unico – crea problemi sociali, forse l’eutanasia può essere vista come una soluzione, non come un problema.
La società ha bisogno di legittimare ogni desiderio. Deve offrire per tutto un rimedio, persino per la morte: basta sceglierla anziché subirla. Il libro della Sapienza (1, 16), parla di persone che ritenendo amica la morte, “si consumano per essa, e con essa concludono alleanza, perché sono degni di appartenerle”. Non cercano più di essere salvati, la rincorrono come amica.
L’olocausto abortivo ne è prova tremenda. Ma la spinta eutanasica non è da meno: l’Olanda ha approvato l’eutanasia per i bambini neonati con malformazioni (nel 2004 il famigerato protocollo di Groningen). Ma la novità terribile è del giugno di quest’anno, sempre dai medici olandesi con il dott. Veraghen a capofila: fino a 14 anni si può uccidere un bambino se la sua sofferenza ne impone una troppo dura ai genitori.
Così la cultura della morte prova a decidere con propria legge ciò che è giusto; ma, ricordava Benedetto XVI nella Spe salvi: “Un mondo che si deve creare da sé la sua giustizia è un mondo senza speranza” (n°42.)
Quando ancora il latte si vendeva in bottiglie fornite dal cliente, anche la bottiglia aveva un benché minimo valore in sé. Una volta vuota era, appunto, a rendere.
Oggi gli uomini valgono meno delle bottiglie vuote: non si pensa neppure più a restituirli al loro Creatore. Semplicemente, si buttano.

di Chiara Mantovani

Fonte: Vuoto a perdere – Prolife News.

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