A un anno e mezzo dalle rivolte arabe è tempo di fare un primo bilancio

Era il 17 dicembre 2010. Di fronte all’ufficio del Governatore di Sidi Bouzid, in Tunisia, il ventiseienne Mohamed Bouazizi si dava fuoco in segno di protesta contro le condizioni economiche del suo Paese e i ripetuti maltrattamenti subiti dalla polizia. Fu la scintilla che accese le rivolte arabe, il tentativo di alcune popolazioni del Maghreb e del nord Africa di emanciparsi dalle proprie dittature, da decenni al potere. Una rivolta intergenerazionale, animata principalmente da giovani che chiedevano maggior libertà di espressione e condizioni di vita migliori. A distanza di più d’un anno e mezzo, è tempo di un primo bilancio.Per Fiamma Nirenstein, deputata Pdl e vice-presidente della Commissione esteri della Camera, il bilancio purtroppo è negativo. “Passata l’esaltazione iniziale e il fascino di una spinta popolare e giovanile contro l’insopportabile oppressione di crudeli dittatori”, dice Fiamma Nirenstein a L’Occidentale, “abbiamo visto che quel che si profila all’orizzonte è una specie di internazionale sunnita integralista islamica, guidata dai Fratelli Musulmani”. Una lettura fondata.

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